NASCE LA ZES UNICA PER IL MERIDIONE: peculiarità e criticità

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Non più otto ZES regionali ma una unica ZES lungo tutto il territorio meridionale a partire dal 01 gennaio 2024: questo è quanto prevede il Decreto Legge 124, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 19 settembre, dal titolo “Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione”.

A distanza di sei anni dalla prima legge istitutiva (Legge 123/2017) delle Zone Economiche Speciali (ZES), dunque, il Governo ha deciso di cambiare modello, optando per l’istituzione di una unica ZES comprensiva dei territori delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

La scelta, già preannunciata da tempo, fa parte di una strategia nazionale orientata alla riduzione del divario economico tra Meridione e Settentrione, incentivando nuove iniziative economiche.

Iniziative – elemento su cui ritorneremo successivamente – non più limitate alle sole aree portuali e a quelle ad esse collegate economicamente (v. art. 4, Legge 123/2017) ma possibili lungo tutto l’arco territoriale delle Regioni coinvolte.

Orbene, l’avvento della ZES unica comporta, giocoforza, l’abbandono del modello dei comitati d’indirizzo e dei singoli commissari straordinari per ogni ZES regionale, entrambi sostituiti da una nuova struttura centralizzata, composta sia dalla Cabina di Regia che dalla Struttura di Missione (per approfondire entrambe le strutture, v. articolo 10 Decreto Legge 124/2023, successivamente denominato “Decreto SUD”).

Veniamo alla prima. La Cabina di Regia, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha compiti di indirizzo, coordinamento, vigilanza e monitoraggio ed è presieduta dal Ministro per gli affari europei nonché composta da vari ministeri e dalle varie regioni coinvolte in ambito ZES.

Vi è poi la Struttura di Missione, anch’essa istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, avente però un ruolo più tecnico/operativo in quanto:

-supporta – sulla base degli orientamenti della Cabina di Regia – il Ministero per la Coesione e, in generale, il Governo nell’attuazione del Piano Strategico ZES;
-coordina la stessa segreteria tecnica della Cabina di Regia durante i propri lavori;
-svolge compiti di coordinamento e attuazione delle attività incluse nel Piano Strategico ZES;
-sovraintende l’istruttoria per l’aggiornamento e/o modifica dello stesso Piano Strategico ZES;
-definisce, in accordo con le amministrazioni centrali competenti, le attività promozionali della ZES e garantisce la disponibilità/accessibilità al pubblico delle informazioni rilevanti (v. istituzione portale WEB ex articolo 12 del Decreto SUD);
-cura l’istruttoria e svolge le funzioni di amministrazione procedente ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’articolo 15, fatto salvo quanto previsto dai comma 6 e 7 del medesimo articolo 15.

Per quanto riguarda poi l’attuazione degli investimenti PNRR legati all’infrastrutturazione della ZES unica, la Struttura di Missione può assumere le funzioni di stazione appaltante ed esercitare poteri sostitutivi, avvalendosi ad ogni modo del supporto tecnico operativo di INVITALIA (tramite la stipula di apposite convenzioni).

Seppur anticipato precedentemente, è opportuno soffermarsi sul già citato Piano Strategico ZES; un piano dalla durata triennale che si occupa di definire, anche in coerenza con il PNRR, la politica di sviluppo della ZES unica, individuando anche in modo differenziato per le regioni che ne fanno parte, i settori da promuovere e quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari per lo sviluppo della ZES unica e le modalità di attuazione.

Lo schema del Piano viene predisposto dalla già citata Struttura di Missione, con la piena partecipazione di tutte le Regioni interessate, ed è approvato – previo parere della Cabina di Regia ZES – con apposito DPCM.

A una prima lettura del suddetto Decreto, sembrerebbe che si fermino qui le principali innovazioni della ZES unica visto che, in continuità con la previgente legislazione, la nuova normativa si limita a confermare istituti e strumenti già previsti per le singole ZES territoriali quali lo sportello unico digitale, il procedimento e l’autorizzazione uniche, il credito d’imposta ecc.

A questo punto, pertanto, possiamo intavolare una serie di considerazioni sulla nuova ZES unica, pur consapevoli del fatto che il nuovo quadro normativo non sia ancora completo (manca, difatti, il DPCM contenente l’organizzazione della Struttura di Missione, le competenze dei suoi uffici, la data di trasferimento alla stessa struttura delle funzioni finora in mano ai Commissari straordinari ZES ecc.).

Obiettivi. Le “vecchie” ZES regionali/interregionali ex Legge 123/2017 nascevano attorno alle aree portuali perché l’indirizzo governativo del tempo era quello di stimolare gli investimenti nei luoghi più vicini alle aree di scambio mercantili quali, per l’appunto, i porti, gli aeroporti, gli interporti.

Si voleva, in sostanza, cogliere il vantaggio di prossimità di queste aree rispetto ai flussi commerciali, incentivando gli operatori privati a realizzare iniziative economiche legate in qualche modo agli stessi flussi. Questo perché – gli esperti lo sostengono da tempo – il mero transito delle merci sul territorio nazionale non ha lo stesso effetto moltiplicatore dettato, invece, dalla lavorazione/trasformazione delle merci e dal loro, successivo, transito.

In altri termini, tutto ciò avrebbe potuto favorire la crescita sistematica sia della produzione industriale che dei traffici modali/intermodali in precise, sottolineiamo precise, aree del Paese.

Oggi, invece, l’orientamento governativo va nella direzione di una unica ZES che copra integralmente i territori di tutte le regioni coinvolte. Orientamento che può potenzialmente condurre alla frammentazione degli investimenti in più aree, anteponendo dunque logiche localistiche a quelle sistemiche, solito vecchio dramma italiano.

Per evitare che ciò si realizzi, occorre perciò lavorare su due fronti ossia la specializzazione territoriale e il coordinamento del Piano ZES con altri strumenti governativi di pianificazione/programmazione.
Specializzazione territoriale. Le aree meridionali sono piene di distretti industriali, aree che, anche all’interno della ZES unica, abbisognano di strumenti per poter crescere, eliminando “colli di bottiglia” logistici e burocratici e riducendo la concorrenza interna con altri “vicini” distretti.

Tutto ciò, per l’appunto, si potrebbe ottenere attraverso una forte specializzazione dei singoli territori ZES da compiere tenendo conto della presenza (a titolo esemplificativo) di: 1) distretti e/o filiere industriali; 2) sedi universitarie e centri di ricerca pubblico/privati; 3) aeroporti e nodi intermodali; 4) particolari vocazioni economiche consolidate nel tempo; 5) consolidati rapporti con l’Estero; 6) rilevanza geopolitica; 7) presenza di siti energetici; 8) ampia disponibilità di suoli edificabili e/o riqualificabili ecc.

Seppur timidamente, il Decreto SUD preannuncia la possibilità di una specializzazione territoriale nella misura in cui afferma che il Piano strategico ZES “definisce, anche in coerenza con il PNRR, la politica di sviluppo della ZES unica, individuando, anche in modo differenziato per le regioni che ne fanno parte, i settori da promuovere e quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari per lo sviluppo della ZES unica e le modalità di attuazione”.

Bisognerà, però, vedere nel tempo se ciò (e in che modo) avverrà, visto e considerato che:
-le spinte localistiche sono storicamente molto forti e potrebbero influenzare le decisioni governative;
-le Regioni (e, indirettamente, i rispettivi bacini elettorali) sono coinvolte durante i lavori di predisposizione dello schema di Piano strategico ZES;
-non è dato sapere esattamente se la Cabina di Regia ZES disponga di tutti i Data e Big data per poter valutare adeguatamente le specializzazioni di ogni territorio, i relativi volumi economici, le proiezioni di sviluppo ed eventuali vocazioni internazionali. Non basteranno, dunque, le singole relazioni (previste dall’articolo 10, comma 9, Decreto SUD) dei Commissari uscenti di ogni ZES sullo stato di avanzamento degli investimenti per risolvere il potenziale gap informativo esistente.

Coordinamento del Piano ZES con altri strumenti governativi di pianificazione/programmazione. Come già anticipato, il Piano strategico ZES e la stessa ZES unica saranno condizionati dagli obblighi del PNRR almeno fino al 2026. Superata però quella data, la ZES unica continuerà a operare almeno fino al 2034 (data limite di operatività della Struttura di Missione).

Avendo davanti a sé un orizzonte temporale decennale, la pianificazione della ZES unica avrà la capacità di incidere sugli assetti industriali dei singoli territori.

Gli assetti e le strategie dei singoli territori non passano però solo dall’utilizzo delle risorse PNRR (il Piano strategico ZES definisce la sua politica anche in coerenza con il PNRR) o di quelle di coesione UE.

La politica industriale nazionale, difatti, è orientata da diversi strumenti pianificatori/programmatici pubblici. Si pensi, ad esempio, al Piano Transizione 4.0, al Piano Nazionale del Mare, al Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima così come alla imminente Pianificazione dello Spazio Marittimo.

Ciascuno di questi strumenti, pur gestito da singoli Ministeri partecipanti alla Cabina di Regia ZES, dovrà in qualche modo armonizzarsi con il nuovo Piano Strategico ZES per evitare qualsiasi tipo di disfunzione/conflitto. Così facendo, ciascuno degli interessi tutelati da questi strumenti verrà bilanciato (così come prevede la più recente giurisprudenza costituzionale; v. sentenza 58/2018 della Corte Costituzionale) nell’adozione del Piano ZES e si minimizzerà il rischio di scelte che agevolino un settore e, contemporaneamente, ne danneggino di altri.

Perché, ove non fosse chiaro, le possibilità di successo della ZES unica dipendono unicamente dalla sua capacità di compiersi negli anni, bilanciandosi tra spinte localistiche e interessi particolari e dando luogo a iniziative imprenditoriali che realizzino o rafforzino sistemi economici territoriali di scala regionale, interregionale e nazionale. Sistemi, ovviamente, che siano resilienti e sappiano affrontare le sfide di un mercato globale sempre più competitivo, aggressivo e mutevole.

Stefano Carbonara

Decreto Legge 124, pubblicato in Gazzetta Ufficiale