Una nuova autorità al servizio della portualità italiana

La città di Milano ha deciso di diventare “città d’acqua”, visto il rilievo che le vie d’acqua assumeranno nel prossimo futuro.
Eppure l’intera portualità italiana si trova in forte difficoltà ed ha bisogno di drastiche decisioni.
La riforma portuale, all’epoca indispensabile, che si sperava fosse attuata tramite la L. 84/94, si è rivelata un boomerang, soprattutto per le scelte di governance dei vari porti, con presidenti e comitati portuali di matrice “politica”.

Infatti, a ricoprire la carica di presidente, molto spesso sono stati chiamati professionisti che hanno in genere gestito le Autorità Portuali in modo prettamente burocratico, tralasciando promozione, progettualità e pianificazione portuale, con effetto a valanga sui ruoli e funzioni principali delle stesse Autorità.

Va anche considerato che uno degli aspetti delicati è la durata del mandato dei presidenti e segretari generali (4 anni) rinnovabile una sola volta, cosa accaduta raramente: inevitabilmente, di conseguenza, i vari presidenti hanno considerato quasi esclusivamente  interventi con effetto immediato, senza dedicare le dovute considerazioni e risorse agli interventi a medio e lungo termine, molto più complessi e fastidiosi, che portano risultati dopo diversi anni, ma che sono fondamentali per lo sviluppo della portualità italiana.

Inoltre, gli impegni istituzionali a cui il Ministro si trova a far fronte sono chiaramente moltissimi e diviene molto difficile controllare le Autorità Portuali, che, di conseguenza, sono diventate delle “repubbliche di mare” autonome, con scelte a volte stridenti o addirittura in contrasto con le leggi dello Stato.
Inoltre, nel Comitato Portuale i rappresentanti istituzionali non superavano mai il 25 % dei votanti, mentre i restanti rappresentavano gli interessi locali, spesso tra loro contrastanti, che di fatto bloccavano la funzionalità dei porti.

Con il D.L. n. 169 del 4/8/2016 che ha introdotto le Autorità di Sistema Portuale (ADSP), la situazione è di fatto cambiata ed appaiono opportune le modifiche di seguito proposte.
Ora nel comitato portuale – oggi detto comitato di gestione e sostenuto dall’organismo di partenariato per la risorsa mare – siedono solo le istituzioni, mentre i rappresentanti degli interessi locali hanno un ruolo del tutto marginale (puramente consultivo); ma è particolarmente grave che con l’accorpamento di alcune Autorità Portuali, avendo ogni porto caratteristiche uniche e completamente diverse dagli altri porti, lo stesso presidente deve adottare, per ciascuno dei porti di competenza, politiche gestionali spesso in contrasto tra loro.

In altri termini, quello che doveva essere un risparmio di risorse (limitato poiché consistente solo nel taglio dello stipendio di qualche presidente) ha creato in diversi casi una situazione praticamente ingestibile, con danno enorme per gli stessi porti coinvolti (Cagliari e Olbia, Napoli e Salerno, Bari e Brindisi, etc.).
Non a caso si è cominciato a porre rimedio a tale scelta scorporando i porti di Messina e Catania.
La funzionalità e l’efficienza della portualità italiana, oggi ai minimi termini, avrebbero un notevole impatto sull’economia e sull’occupazione dell’intera nazione.

Tali obiettivi si possono ottenere con le scelte seguenti, che solo la Politica può fare ed attuare:

-Scorporo immediato di alcune Autorità di sistema portuale, come di recente è accaduto per Catania e Messina; ad esempio Brindisi va staccata dall’ADSP del MAM, costituendo semmai l’ADSP del Salento.

-Scelta adeguata ed accurata dei presidenti delle Autorità Portuali, definendo, per ogni porto, gli obiettivi da raggiungere e le attività da svolgere (compito che dovrebbe essere svolto a livello centrale, interfacciandosi con le realtà regionali e locali), e su tale base individuare le figure che hanno le maggiori possibilità di raggiungere risultati operativi, effettuando poi regolari e periodici controlli dei risultati conseguiti; e non importa da chi, come e quanti candidati vengano segnalati, è fondamentale selezionare figure realmente adeguate a quel progetto portuale.

-Nuova composizione del Comitato Portuale (è opportuna la presenza in Comitato portuale anche delle parti sociali, ma in numero proporzionalmente adeguato, da discutere e definire).

-Centralizzazione di alcune attività presso il Ministero e/o C.S.L.P. (ad esempio analisi e ricerche di mercato, da mettere a completa disposizione di tutte le Autorità Portuali che potranno utilizzarle per quanto di loro interesse e semmai approfondendo solo alcuni punti).

-Costituire un’istituzione a livello intermedio tra Ministro e Autorità Portuali (una sorta di “Capo della Portualità Italiana”); il responsabile, a cui farebbero riferimento i presidenti delle Autorità Portuali, risponderebbe direttamente al Ministro;

A tale struttura dovrebbero essere assegnati appositi compiti, come ad esempio:

-Controllo della programmazione di ciascun porto (piano regolatore, varianti, ATF, stato dei singoli progetti, attendibilità e rispetto dei POT, etc.);

-Definizione, per ogni porto, delle caratteristiche ottimali che il presidente dovrebbe avere ed a cui fare riferimento per la scelta del presidente dell’autorità portuale; raccolta e preselezione per ogni porto delle candidature, da sottoporre all’attenzione del Ministro per la scelta finale, in base alle procedure vigenti;

-Programmi adeguati di formazione di tutto il personale, di tutti gli uffici, di tutte le Autorità Portuali;

-Centralizzazione di alcune attività, da mettere a disposizione di tutte le Autorità Portuali.

Ing. Roberto Serafino