Navi commerciali non merci

Articolo estratto dall’ultimo numero de Il Nautilus

 

Navi commerciali non merci.  La navigazione delle navi e non delle merci.”

 

Questa frase è un programma che sintetizza bene il periodo storico che stiamo attraversando ed in particolare il mondo dello shipping internazionale. La frase è stata pronunciata dallo storico e studioso di economia marittima, Martin Stopford, insignito del Premio Onassis, e per lungo tempo, direttore di Clarkson Research.

Analisi- Fino ad alcuni anni addietro, l’armatore, impegnato come imprenditore e operatore dentro la filiera marittima – portuale, svolgeva i suoi affari secondo i classici canoni della domanda/offerta della merce da trasportare via mare. Poi si è affermata la navigazione di linea che ha strutturato il mercato lungo le diverse rotte commerciali; ciascuna rotta ha rappresentato un segmento di mercato.

Il business si svolgeva sulla domanda/offerta al fine di determinare i noli, sempre sul doppio binario: offerta di stiva (noli) e offerta di carico (tariffe di trasporto). Il mercato era controllato in funzione di due “indici”che determinavano (ancora determinano) gli andamenti in borsa: Baltic Dry per il carico generale e lo Shanghai Containerized Freight  per le altre navi ed in particolare per le ship – container.

I cicli- Stopford mette in relazione tre cicli: il ciclo economico, il ciclo del commercio e il ciclo della cantieristica. Da qualche tempo, il mercato non funziona più secondo i canoni classici. La domanda di merce non determina le offerte di stiva, anzi la merce, o meglio il volume, il carico sono diventati elementi secondari delle scelte d’investimento da parte di società di navigazione (armatori, noleggiatori, industrie marittime in genere).

Da un decennio, ci stiamo trovando con i volumi merceologici che crescono poco, mentre le movimentazioni portuali crescono molto di più, grazie alla forsennata attività di transhipment, incrementata dal gigantismo navale e da una rete di servizi più capillare; i noli sono ancora stagnanti e in certi segmenti di mercato, come il trasporto  dry bulk sono ai minimi storici. Intanto, i cantieri navali continuano a costruire navi, sempre più grandi, sempre più sofisticate, a prezzi tendenzialmente decrescenti, che vanno per mari in cerca di carico.

Armatori e noleggiatori non realizzano profitti certi, tanto da non riuscire a ripagare i debiti contratti con società di finanziamento e trascinando nel baratro le loro banche, oppure costringendo gli istituti di credito navale a disfarsi dei loro crediti inesigibili. Intanto, sulla scena dello shipping mondiale, si stanno affacciando nuovi finanziatori, come la Cina che insieme alla finanza islamica, sono pronti a sostituire banche e istituti di credito tedeschi.

Si sta attraversando un periodo di depressione monetaria che porta, con il diminuire dei volumi di carico, a far soffrire la redditività delle compagnie dello shipping. S’inizia, così, a trasferire le perdite sui cantieri navali, nonostante i sussidi statali (per far fronte alla concorrenza dei coreani e dei cinesi). Comunque, si trovano sempre nuovi finanziatori per ordinare e costruire nuove navi, o acquistarle di seconda mano, mentre le navi vecchie, di quindici/venti anni, vanno in demolizione.

Europa- L’Europa, dell’euro e dei burocrati finanziari, sta a guardare e pare che si sia in attesa di una “nuova Europa” dopo l’elezioni politiche di maggio prossimo. In Norvegia, invece, dove la crisi dello shipping dura da anni, i noli dei petrolieri – segmento di mercato dove la bandiera norvegese è forte – sono di nuovo in rapida crescita, per la domanda di accumulo di greggio in attesa del possibile rialzo del prezzo del barile. Di contro, la situazione nell’offshore – secondi agli USA – è molto critica e con le navi appoggio messe in disarmo ed equipaggi licenziati.

I Ministri norvegesi, poi, non sono così pessimisti; la stampa dedicata va affermando che è questione di tempo  per vedere nuovi orizzonti di business. Il “nuovo” norvegese sarà portato dalla generazione dei nativi digitali; il futuro della Norvegia sta nell’essere una nazione più smart, non più economica, ma impegnata in investimenti nella formazione, ricerca ed innovazione.

Gli analisti, lo sanno, che quando si progetta in concreto l’innovazione si va verso un design navale particolare; come particolare è la parte innovativa della propulsione navale. Tutto questo, porta di sicuro scenari dell’orizzonte del gas naturale liquefatto (LNG), che rappresenta ormai la nuova frontiera o la nuova chimera di un settore  -lo shipping-  che, intrappolato nella rete della finanza, oscilla tra i vecchi timori della pirateria, ancora non tramontata, e i nuovi timori dei regolamenti internazionali.

Il futuro- Il futuro dello shipping pone qualche domanda: la presenza di molti Paesi marittimi/marinari (grandi e piccoli), molti porti e con le professioni marittime in continua evoluzione, si avrà una nuova matrice di trasporto marittimo? La grande linea di navigazione per il grande commercio, orientato oggi per est/ovest, si modificherà in una rete più ampia, con nuove focal zone di traffico marittimo? Molte linee di navigazione presentano oggi scarsa produttività per il commercio marittimo; non conosciamo di quanto crescerà il volume merceologico trasportato via mare.

L’ultima domanda è la più importante: di quale sistema di trasporto avremo bisogno? Il discorso non può limitarsi allo shipping ma all’intera catena logistica. E’con questo scenario di futuro che l’armamento internazionale deve misurarsi. La grande sfida per il trasporto marittimo sarà quella di utilizzare le informazioni per rendere l’intero sistema più mirato e più efficiente; eliminare gli incidenti a terra e a mare; fornire una vita più significativa per coloro che lavorano nel settore terra-mare, specialmente per marittimi imbarcati  a bordo le navi. Martin Stopford con le sue lezioni ci avvisa che è molto più semplice ordinare nuove navi che costruire nuovi sistemi; ma per fortuna sta per arrivare una nuova generazione portatrice della cultura dell’informazione che sposterà il focus dai consumi alle produzioni sostenibili.

Abele Carruezzo