OECD: porto motore di sviluppo economico della città

BRUXELLES – Per l’Organisation for Economic Co-operation and Development’s (OECD) il legame relazionale tra il porto e la crescita della città di mare co-territoriale è diventato più debole. Una controtendenza evidenziata dall’Organizzazione internazionale nel suo rapporto annuale nei confronti dei porti e le città, considerati da sempre strettamente collegati.

L’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo, nel tentativo di aiutare i porti ad essere sempre più competitivi, nel suo rapporto ha esaminato gli impatti negativi relativi ad una portualità (infrastrutture, tempi di carico/scarico merci, accoglienza e servizi), cercando di far recuperare ai porti quel ruolo di motore della crescita economica delle città di mare e dei relativi territori.

Secondo i parametri dell’OECD, ad una tonnellata di merci che attraversa un porto viene associato circa 100 $ US di valore aggiunto economico; mentre un milione di tonnellate di merci che gravano sul porto generano più di 300 posti di lavoro nel breve termine. Nel rapporto viene sottolineato l’importanza dell’innovazione nel settore portuale per lo sviluppo economico del tessuto urbano, evidenziando i maggiori porti al mondo che ne fanno uso, tra cui Los Angeles / Long Beach, Tokyo, Oakland, Rotterdam e Houston.

Ancora una volta, si riafferma che un porto non può essere un motore di crescita economica per la città se questa non è competitiva; infatti, i tre fattori principali per uno sviluppo del porto-città sono sempre quelli di avere ampi bacini marittimi con piazzali e banchine, operazioni portuali efficaci e forti collegamenti con l’entroterra. Secondo il rapporto, la categoria che genera la domanda di un porto è quella dei caricatori; poi vengono gli spedizionieri, le compagnie di navigazione e gli operatori; per questo è fondamentale che i porti investano in molti collegamenti marittimi per essere più attraenti per i caricatori, in quanto possono offrire servizi diretti e consegna veloce delle merci.

Per quanto riguarda nuovi collegamenti, oggi per aumentare la connettività marittima, i porti dovranno investire molto sulle strategie di internazionalizzazione. Tradizionalmente, i porti si commercializzano in relazione alle linee marittime e la categoria degli spedizionieri ha un ruolo importante nella scelta di un porto, anche se oggi si va diffondendo non una integrazione fra porti della stessa regione marittima, ma una collaborazione, in autonomia di funzioni, con porti dei mercati emergenti mantenendo però una loro autonomia.

Per esempio, il porto di Rotterdam ha partecipazioni finanziarie nei porti di Sohar (Oman) e Suape (Brasile), mentre Anversa ha relazioni simili a Duqm (Oman) e India. L’Organizzazione OECD afferma che la competitività a lungo termine del porto dipende anche dal sostegno della popolazione locale, condizione necessaria per sostenere le funzioni portuali in aree urbane e territoriali, provinciali/regionali. In altre zone, per guidare la crescita economica del territorio le città-porto hanno sfruttato le sinergie tra presenze industriali come catena complessa di produzione, polo marittimo come cluster e sviluppo del waterfront.

Il modello di successo economico per un porto-città, evidenziato nel rapporto OECD, è rappresentato da una panoplia di strumenti che vanno dal sostegno allo sviluppo, alla pianificazione territoriale, ai piani di incentivazione, ai meccanismi di coordinamento del capitale umano.  Secondo il rapporto, gli orizzonti dei flussi marittimi comprendono i “focal – point” nel sud-est asiatico, Estremo Oriente, Medio Oriente e nord-ovest dell’Europa.

E’ doveroso sottolineare che la chiave per il successo di un territorio marittimo riposa nella concentrazione efficace delle politiche di una città sul settore dei trasporti, per consentire una efficiente mobilità delle persone e delle merci.

Abele Carruezzo