IL TAR TOSCANA E LA MISURA DEL CANONE CONCESSORIO

LIVORNO – Nelle scorse settimane il TAR Toscana si è pronunciato in tema di misura del canone concessorio; lo ha fatto con la sentenza n. 382 del 2018 che, recependo i dettami in materia della Consulta, ha posto fine ad un lungo e spinoso contenzioso riguardante la struttura diportistica denominata “Marina Cala de’ Medici”.

Correva l’anno 1999 ed una società presentò una istanza di concessione, di durata cinquantennale, finalizzata alla costruzione e gestione di un porto turistico tra le località di Castiglioncello e Rosignano Marittimo (Livorno). La struttura venne effettivamente realizzata e dieci anni più tardi l’amministrazione locale di Rosignano Marittimo determinò, per effetto del nuovo quadro normativo, un iperbolico aumento del canone concessorio ai danni del gestore del marina.

Difatti la Legge Finanziaria 2007 – rispettivamente all’articolo 1, comma 251 e 252 – aveva innovato i criteri di determinazione dei canoni annui sia per le concessioni demaniali turistico-ricreative che per quelle finalizzate alla realizzazione di strutture da diporto: il Legislatore aveva disposto che gli incrementi – giustificati prettamente da esigenze di economia pubblica – sarebbero intervenuti sia per i rapporti concessori già in fieri che per quelli futuri.

Per di più aveva debuttato, accanto all’originario canone tabellare, un nuovo criterio commisurato ai valori di mercato per tutte quelle concessioni – come nella vicenda in esame – comprensive di strutture destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi.

In quest’ultima ipotesi l’entità del canone sarebbe stata parametrata sulla misura dei beni demaniali – realizzati o realizzandi – oggetto della concessione e ciò avrebbe comportato enormi squilibri per moltissimi concessionari gestori di strutture diportistiche. Il nuovo meccanismo, in sostanza, avrebbe condotto ad un incremento stellare dei canoni concessori e, tra l’altro, non avrebbe operato alcuna distinzione tra chi, ricevendo un bene demaniale, realizza a proprie spese una infrastruttura e chi, invece, riceve in concessione un bene sul quale già insiste una struttura realizzata da terzi.

Pur di scongiurare tali pericoli il concessionario gestore del “Marina Cala de’ Medici” era immediatamente ricorso al TAR Toscana il quale, investito della problematica, aveva inteso porre questione di legittimità costituzionale del sopraccitato articolo 1, comma 252, in relazione agli articoli 3 e 41 della Costituzione.

L’intervento della Consulta, concretizzatosi nella pronuncia n. 29 del 2017, è riuscito nell’intento di fornire la giusta esegesi dell’articolo in questione (articolo 1, comma 252), ritenendo possibile la parametrazione del canone sull’effettiva misura dei beni demaniali “soltanto per tutte quelle opere costituenti pertinenze demaniali marittime che già appartengono allo Stato. Nelle concessioni che prevedono la realizzazione di infrastrutture da parte del concessionario il pagamento del canone riguarda soltanto l’utilizzo del suolo e non anche i manufatti, sui quali medio tempore insiste la proprietà superficiaria dei concessionari e lo Stato non vanta alcun diritto di proprietà”. Ad ogni modo, stante l’interpretazione della Consulta “va esclusa l’applicabilità dei nuovi criteri, commisurati ai valori di mercato, alle concessioni non ancora scadute che prevedono la realizzazione di impianti e di infrastrutture da parte del concessionario, ivi incluse quelle rilasciate, come nel caso in esame, prima del 2007”.

Siffatte argomentazioni, venendo all’attualità, non potevano che trovare collocazione nel recente pronunciamento del TAR Toscana il quale, accogliendo le ragioni dei gestori del “Marina Cala de’ Medici”, ha finanche statuito sull’aggiornamento dei canoni concessori agli indici ISTAT – così come disposto dalla Legge Finanziaria del 2007 – fissandone la decorrenza della rivalutazione a partire dal 01 gennaio 1998 (v. articolo 10, comma 1, Legge n. 449 del 1997).

 

Stefano Carbonara