Brindisi e il nuovo Piano Regolatore Portuale: contributo degli operatori portuali

Brindisi. Lo avevamo scritto che parlare di ‘pianificazione portuale’ non è semplice e rimane di fondamentale importanza per qualunque sistema portuale. Finalmente a Brindisi si scopre che il porto ha bisogno di strumenti tecnico-infrastrutturali flessibili per mantenere il passo con l’evoluzione tecnologica/informatica/digitale che lo shipping mondiale e la green – economy sta imponendo.
Sappiamo che l’individuazione dei sistemi portuali non è stata frutto di analisi economico-trasportistica – (com’è successo con i distretti produttivi e industriali, agglomerati omogenei e/o coordinati di attività economiche), ma è stata una semplice esigenza di aggregazione per motivi geografici di porti vicini ad un porto ‘core’, così come definito dal Regolamento europeo.

Tutti operatori portuali, compreso le Amministrazioni territoriali, dovrebbero farsi carico dell’istituzione delle Autorità di Sistema Portuale (ADSP) con il conseguente superamento dell’architettura originaria di cui alla l. n. 84/94, imperniata sul governo di un porto singolo (modello c.d. Autorità monoscalo). Se questo non sarà condivisibile, allora si va contro lex (riforma portuale contenuta nel D.lgs. n. 169/2016) e si va fuori di un quadro nazionale ed europeo. Con il d.lgs. n. 29/2017 si è ancora innovato il settore attraverso la scomposizione del Piano Regolatore di Sistema di due documenti separati: il Documento di Pianificazione di Strategica di Sistema (DPSS) e il Piano Regolatore Portuale (PRP) ritornato a disciplinare autonomamente ciascun porto, come nella disciplina originaria della l. n. 84/94.

La redazione del nuovo PRP del Porto di Brindisi deve sicuramente portare rinnovamento e cercare di alimentare strumenti idonei per creare le condizioni per attrarre verso il porto flussi merceologici che attualmente prediligono altri siti. Stiamo parlando di quella ‘capacità portuale’, funzionale, operativa ed economica che dovrà avere il porto per consentire nel più breve tempo possibile l’imbarco/sbarco delle merci e, quale ‘nodo’ logistico, favorire l’integrazione a più modalità di trasporto. Una capacità del porto nel garantire una piena accessibilità marittima, adeguate infrastrutture e performance nei terminal e, soprattutto, una capillare accessibilità terrestre in termini di connessioni ferroviarie e stradali da/per il porto, in un’ottica di catena logistica integrata door-to-door efficiente e sostenibile.

Giorni addietro è stato consegnato all’Ufficio del Piano dell’AdSPMAM, il documento/contributo redatto da Confindustria Brindisi, l’associazione Operatori Portuali Salentini, Raccomar Puglia sezione di Brindisi, The International Propeller Club Port of Brindisi e l’Impresa Fratelli Barretta Domenico & Giovanni srl.

Nelle premesse si nota la loro visione: “Lo sviluppo industriale nell’area retroportuale sarà legato a quello del porto e, pertanto, confidiamo che saranno attuate tutte le possibili condizioni e agevolazioni per una crescita del settore secondario, in primis l’attivazione delle zone franche doganali. Di primaria importanza per lo sviluppo del porto/retro-porto è la riperimetrazione delle aree SIN. La polifunzionalità del nostro porto dovrà essere garantita rispettando le seguenti funzioni portuali: Industriale; Commerciale; Pesca; Cantieristica; Turistico; Porto Militare.”

In questo documento si nota uno spostamento/strategico in senso ‘industriale’ (mi auguro post-industriale) della visione portuale che fa piacere riconoscerlo e che anni addietro non interessava ai singoli; anzi i singoli operatori portuali miravano più a una gestione e uso di banchina in relazione ai loro bisogni di funzione temporale, senza una visione di futuro.

Credo che, finalmente, il ‘lato mare’ di un porto vada coniugato con il ‘lato terra’ ed oggi riferito anche alla retroportualità. Oggi si chiede agli operatori di analizzare le singole interconnessioni, lo spazio di tramite tra i nodi, la qualità funzionale, urbana e ambientale, delle direttrici che garantiscono l’accesso al porto. L’accesso al porto, oggi, è parte di una rete infrastrutturale di dimensione territoriale che interagisce in modalità di mobilità specifica con le diverse realtà locali, Comune, Provincia, Asi e Rfi.

Aldilà della prevalenza/destinazione d’uso al diporto nautico per yacht e mega-yacht dell’intero Seno di Levante del porto di Brindisi, la gestione di un porto, polivalente commercialmente, hub carrier o gateway, non significa soddisfare una sola declinazione territoriale, ma utilizzare le infrastrutture presenti (banchine e piazzali, quando non compromettono la sicurezza dell’ormeggio) e programmare delle nuove in funzione della domanda di trasporto marittimo su quel porto e/o tratti di mare. Vedasi anche la rimodulazione del Seno di Ponente relativo alle servitù militari di G.d.F., M.M. e servitù di privati.

Oltre alle varie sistemazioni d’infrastrutture portuali e fondali, sia nel porto medio e sia in quello esterno, in linea con i vari ‘piani triennali’ presentati in quest’ultimi anni dall’AdSP, si nota un forte contributo/visione al turismo/crociere sul versante Castello di Mare e Isola S. Andrea, sperando di non contraddire l’assessore tecnico all’Urbanistica del Comune di Brindisi.

Finalmente si va – sul lato mare – verso una progressiva crescita quantitativa e qualitativa della domanda di trasporto; viene considerato lo sviluppo del traffico container; l’incremento dimensionale delle navi; la ridistribuzione dei traffici rispetto alle rotte principali; l’automazione sempre più spinta nella gestione (fisica, amministrativa e doganale) delle merci. Occorre tener conto, però, che è in atto una forte concorrenza nella qualità dei servizi, nella gestione dei terminal merci e/o pax e nel costo delle operazioni portuali.

Sul – lato terra – un porto inteso non più come scalo terminale, ma nodo di una rete intermodale complessa, estesa all’intero territorio circostante e comprendente i servizi, le professionalità e le qualità insediative e ambientali del sistema urbano circostante. Manca una marcata relazione città/porto, dove collocare altre attrezzature portuali ma anche propriamente urbane legate ai servizi, al commercio, alla cultura, alla direzionalità, che comprende gli innesti e gli affacci urbani, rivolti a collegare il tessuto della città con le aree portuali più permeabili e più compatibili con i flussi e le attività urbane.

In generale, sembra tutto il documento andare incontro alle strategie portuali di piano declinate per anni dai vari commissari e dei presidenti dell’A. P. prima, e dell’AdSP MAM poi.
Se vogliamo ‘cambiare la storia’ del porto e della città dobbiamo partire dalle nostre potenzialità ambientali e logistico – posizionali, recuperando gli anni perduti a causa dell’assenza di dialogo, partecipazione e condivisione reale dei progetti e delle relative scelte.

Abele Carruezzo

Si allega il documento/contributo