Liquefazione del carico genera dei rischi

Fin dalle prime lezioni di Teoria della Nave, il “carico-scorrevole” viene visto come causa di molti sinistri  per una nave, soprattutto durante la fase della caricazione. Si comprende benissimo che un carico “scorrevole” (liquido in particolare) per la  “non posizione statica” del suo baricentro causa l’alterazione delle coordinate marinaresche della nave, compromettendone l’equilibrio della stessa.

Nei giorni scorsi, la rinfusiera supramax “Vinalines Regina” si è capovolta ed è affondata tra le Filippine e Taiwan, mentre era in navigazione dall’Indonesia alla Cina; solo uno dei 23 marittimi dell’equipaggio della nave, si è salvato. La “Vinalines Regina” trasportava un carico di 54.400 tonnellate di minerale di nickel e l’incidente, secondo le prime ipotesi, potrebbe essere stato causato dallo spostamento del carico determinato dalla sua liquefazione.

Sembra un fatto prevedibile, e quindi controllabile, che una variazione termica del carico (ci riferiamo alla percentuale di umidità contenuta nel carico) possa generare una simile trasformazione dello stato, da solido a liquido, alternandone tutto il cargo-plane di una nave e con conseguente alterazione della riserva di stabilità.

L’Associazione degli armatori di navi che trasportano carico secco, la Intercargo (International Association of Dry Cargo Shipowners) ha ribadito la necessità di introdurre nuove misure sia dal punto di vista legislativo che tecnologico per far fronte al problema dei carichi che possono liquefare. Il problema è serio se pensiamo che già, nel mese scorso di dicembre, tre navi bulkcarrier sono andate perse a seguito di una liquefazione del carico.

Con questa nota, la Intercargo desidera portare  il problema all’attenzione di caricatori e operatori tutti, comprese le Autorità Marittime, per effettuare con urgenza le dovute revisioni delle procedure di verifica e sicurezza per il trasporto di carichi pericolosi o che possono diventare pericolosi; sia nella fase della caricazione che in navigazione, durante il trasporto per mare, evitando inutili perdite di vite umane.

Ed ancora, molti armatori non si sono impegnati seriamente per un adeguato aggiornamento formativo dei propri marittimi, in merito al nuovo codice internazionale IMSBC (International Maritime Solid Bulk Cargoes Code), adottato dall’IMO (International Maritime Organization) nel 2008 ed è entrato in vigore il primo gennaio del 2011. Questo sta comportando che accettando di imbarcare carichi di tale tipologia, per motivi esclusivamente economici, si vada incontro a molti rischi.

Anche perché, poi, il Codice dice che le navi possono trasportare minerali (fini ad alto contenuto di vapor acqueo) se non viene superato il TML (Trasportable Misture Limit); limite che è difficile determinare con precisione, poiché influenzabile da possibili piogge che bagnano il carico in fase di caricazione. Determinante è il ruolo delle Autorità Marittime per la garanzia della sicurezza della vita umana in porto ed in mare.

Il RINa (Registro Italiano Navale), ente di classificazione e certificazione di navi ed aziende, già dall’anno scorso, ha affrontato questo problema introducendo mirati standard di progettazione per la modifica o la costruzione di navi bulkcarrier per renderle adeguate al trasporto in sicurezza di minerali fini a qualunque contenuto di umidità. Per soddisfare i criteri del RINa, in generale le navi devono sistemare paratie longitudinali addizionali in alcune delle loro stive.

La stima dei costi per convertire una bulkcarrier supramax (da 50.000 a 60.000 dwt di portata) è di poco superiore ai 2 milioni di euro. Il RINa sta inoltre sviluppando un servizio per la certificazione del contenuto di umidità dei carichi, prima del loro imbarco a bordo delle navi che non sono in grado di dimostrare la rispondenza ai criteri stabiliti dalla notazione RINa.

Abele Carruezzo