Guerra in Ucraina: shipping e logistica fermi e aumenti dei costi

Londra. L’invasione russa in suolo ucraino sta trasformando lentamente la guerra in atto in un continuo logoramento civile, umanitario, sociale e soprattutto economico.
Sui fronti dello shipping, per via dei costi dei carburanti, e della logistica, per la catena di approvvigionamento di materie prime tramite container, s’inizia a vederne gli effetti di una guerra, in area europea, come in un nuovo ‘scenario di normalità’; proprio come quello avvenuto durante il covid e con effetti che presentano dei contorni complessi, ancora poco definiti.

Dopo i primissimi giorni di guerra, si è ridisegnata una nuova emergenza di rete logistica alterando i collegamenti nell’Europa dell’Est e nella Federazione russa, tali da generare soste forzate di container in quelle aree, senza una chiara risoluzione di mobilità.

Tutto sta ruotando intorno alle rotte del Mar Nero, non più praticabili dall’inizio della guerra; rotte importanti per molti scambi commerciali e che con i loro congelamenti si sta generando una situazione di ‘fermo’ di tutti gli scali portuali, comprese le navi che avevano scalato quei porti con i rispettivi carichi di container.

A tutti gli effetti, si assiste a una ‘logistica’ interrotta: tutti i siti di stoccaggio e smistamento della regione in guerra stanno soffrendo le conseguenze con i container fermi da e verso l’Europa e Russia, con un Mar Nero calmo e dislocato solo da armi.

Alla paralisi commerciale del Mar Nero si aggiunge il veto implicito di fare scambi commerciali, se non per beni di primissima necessità o umanitari, con i porti della Federazione Russa. Quindi anche sul Mar Baltico, causa le sanzioni internazionali contro la Russia, le rotte sono ferme o ridotte alle sole interne all’ambito nazionale e con container congelati con un forte accumulo nei porti.
Oltre alla logistica mortificata, stiamo assistendo anche a un’intermodalità interrotta: l’Ucraina ‘ponte’ della rete stradale verso la Russia non è più praticabile per le merci che scelgono la modalità stradale e neanche passando attraverso la Bielorussa. Anche la frontiera con la Polonia, dall’inizio della guerra, rimane non praticabile per le merci da e verso l’Europa. Le code per entrare in Polonia dalla Bielorussia hanno raggiunto i 50 km, con l’impossibilità di far passare merci e container.

Sullo sfondo della movimentazione delle merci e dei container vi una ‘unità d’imballaggio’: il pallet. L’azienda produttrice di quello che è considerato lo standard del settore degli imballaggi, ha aderito al piano di sanzioni contro Mosca e ha manifestato solidarietà al popolo ucraino tramite i suoi canali.
EPAL ha rapporti stretti con il Paese dell’Est Europa, in quanto al suo interno vi è grande disponibilità di legname, la materia prima per la produzione dei pallet; molte le aziende ucraine hanno la ‘licenza’ del marchio EPAL, e ora, ovviamente, sono ferme a causa della guerra, generando difficoltà negli approvvigionamenti e con il mercato dei pallet che subirà una flessione significativa dell’offerta.

La destabilizzazione portata dall’invasione russa in Ucraina sicuramente avrà anche conseguenze sulla praticabilità dell’esercizio delle spedizioni via mare a causa del rincaro dei prezzi dei carburanti per navi. La ricaduta sul costo dei trasporti, cioè sullo shipping, è un ‘domino’ complesso di variabili che influenzerà sul prezzo finito del servizio del trasporto di un container.

Da quando i soldati di Mosca hanno messo piede oltre il confine ucraino, il prezzo del ‘bunker’, ossia del carburante per navi, è aumentato di 130 dollari per tonnellata, dato fermo alla prima settimana di conflitto.

I carburanti marini, sappiamo, si dividono in due famiglie, una a basso contenuto di zolfo – lo 0,5% – divenuta obbligatoria con l’entrata in vigore delle norme ambientali IMO 2020 e una, precedente, ad alto contenuto di zolfo – il 3,5% – più inquinante.

Dei due il più caro è il combustibile più ecologico, mente quello ad alto contenuto di zolfo è rimasto il meno caro, anche se non economico in assoluto. Le navi dotate di depuratori, verosimilmente, sono incentivate a usare bunker con carburanti solforosi: paradossalmente, i conti dei costi di esercizio di una nave, saranno in pareggio per i vettori che brucino olio solforoso potendolo depurare a bordo, mentre navi alimentate con bunker ecologico andranno in perdita.

Questi rincari da qualche parte vanno a ricadere. Se gli aumenti sono trasferiti sulle spedizioni, il maggior costo si scarica sui beni, containerizzati o sfusi che siano, gravando ancor più sull’inflazione, dunque sul mercato ai consumatori.

Abele Carruezzo