Piano Regolatore del Porto riconosciuto come ‘piano sovraordinato’

Roma. Mentre a Livorno si conclude una ‘tre giorni’ di incontri, organizzata da Assoporti, per poter mettere a sistema le conoscenze degli esperti delle Autorità Portuali sui temi dell’integrazione sociale e urbanistica, nell’ottica di una gestione ottimale delle relazioni tra i porti e le rispettive città, la Corte Costituzionale riconosce il Piano Regolatore Portuale come strumento di ‘piano sovraordinato’. Sappiamo quanto sia importante l’integrazione porto-territorio ed è noto che rivela un processo complesso che va oltre la collaborazione tra le istituzioni, ma chiama in causa diversi attori e livelli di competenza molteplici.

La Corte Costituzionale ha depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2023, a firma del Presidente Silvana Sciarra, per la pubblicazione in G.U., la sentenza (10 novembre 2022) nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1-septies, lettere a), b), c) ed e), 1-octies e 1-novies, del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121 (Disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali), convertito, con modificazioni, nella legge 9 novembre 2021, n. 156, promossi dalla Regione Toscana e dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con ricorsi notificati il 5 e il 10 gennaio 2022, depositati in cancelleria il 12 e il 17 gennaio 2022, iscritti, rispettivamente, ai numeri 3 e 4 del registro ricorsi 2022 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, numeri 6 e 7, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Secondo la Regione Toscana e la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, ricorrenti presso la Corte Costituzionale, la nuova formulazione confliggerebbe con due principi: il primo, quello della leale collaborazione fra Enti (un mero parere peraltro soggetto a silenzio-assenso, riduce ai minimi termini tale principio); il secondo è il principio di sussidiarietà che viene assunto dall’Amministrazione centrale, senza alcun potere d’intervento a favore degli Enti locali.

Le Regioni ricorrenti hanno visto dichiarate infondate le loro tesi per l’interesse nazionale e internazionale dei Sistemi Portuali italiani.
‘Ritenuto in fatto’ che tali norme, a detta dei ricorrenti, determinano una sostanziale modifica dell’art. 5 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale) concernente la programmazione dei Sistemi portuali e la pianificazione dei porti.

Similmente, la lettera b) del comma 1-septies del medesimo articolo ha sottratto alla Regione l’approvazione del PRP dei porti amministrati dalle Autorità di Sistema Portuale (di interesse internazionale e nazionale), prevedendo ancora un mero ruolo consultivo non vincolante e prescindibile (con un parere da rendere entro quarantacinque giorni, trascorsi i quali ‘si intende espresso’ in termini ‘non ostativi’), ‘limitatamente alla coerenza di quanto previsto con riguardo alle aree portuali e retro-portuali perimetrali con i contenuti degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti relativi alle aree contigue a quelle portuali e retro-portuali sulle quali le previsioni del PRP potrebbero avere impatto’.

La medesima lettera b) avrebbe mutato la valenza del PRP dei porti nazionali, divenuto ‘piano territoriale sovraordinato’ in quanto definito piano territoriale di rilevanza statale e ‘unico strumento di pianificazione e di governo del territorio nel proprio perimetro di competenza’ e in quanto è venuta meno la prescrizione di non contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti.

In particolare, si evidenzia essere il porto parte di un sistema integrato di trasporto con funzione strategica per la logistica e lo sviluppo commerciale del Paese e per l’incentivazione delle relazioni internazionali: ciò è testimoniato dal Piano Generale dei Trasporti approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 aprile 1986, dal più recente Piano Generale Strategico della Portualità e della Logistica approvato con D.P.C.M. 26 agosto 2015, dalla possibilità attribuita alla Autorità Portuale di costituire Sistemi logistici per infrastrutture di collegamento tra porti e aree retro-portuali, nonché dalla trasformazione delle vecchie Autorità Portuali in Autorità di Sistema Portuale per la razionalizzazione della governance dei porti e delle attività portuali.

L’adozione del PRP è rimessa al Comitato di gestione dell’AdSP, su parere – da rendere in quarantacinque giorni e con valutazione contenutistica (ancora) ‘limitat[a] alla coerenza’ tra le sue previsioni relative alle aree portuali e retroportuali perimetrali e le previsioni degli strumenti urbanistici relative alle aree ad esse contigue – del Comune e della Regione, nonché su parere (da rendere entro 90 giorni) del Ministero. I pareri non resi nel previsto termine si intendono espressi in senso ‘non ostativo’. Il PRP, in esito alla VAS, è approvato ancora dal Comitato di gestione (prima parte dell’art. 4, comma 1-septies, lettera b, del d.l. n. 121 del 2021, come convertito, che riformula l’art. 5, comma 2-bis, della legge n. 84 del 1994).

Al nuovo documento di pianificazione strategica di sistema (DPSS) è stato affidato il compito di definire gli obiettivi di sviluppo e i contenuti sistemici di pianificazione nonché di individuare gli ambiti portuali (con perimetrazione delle relative aree portuali, retro-portuali e di interazione porto-città) e i loro collegamenti viari e ferroviari con l’esterno. L’illustrazione delle scelte operate e dei criteri seguiti e le rappresentazioni grafiche dell’assetto del sistema dovevano – secondo una previsione ora abrogata – essere contenute in apposita relazione, che consentisse anche di guidare la redazione dei singoli piani.

Per la Corte Costituzionale, per effetto di più disposizioni del decreto-legge, come convertito, il Piano Regolatore Portuale non è più subordinato alla generale pianificazione urbanistica territoriale (è abrogata la previgente previsione ‘non può contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti’), ma è su di essa prevalente.

Il PRP è definito, infatti, “piano territoriale di rilevanza statale che rappresenta l’unico strumento di pianificazione e di governo del territorio nel proprio perimetro di competenza” (art. 4, comma 1-septies, lettera b, del d.l. n. 121 del 2021 nella parte in cui riformula l’art. 5, comma 2-ter, della legge n. 84 del 1994), e nella pianificazione di tale perimetro (aree portuali e retro-portuali) ha ‘esclusiva competenza’ l’Autorità di Sistema (art. 4, comma 1-septies, lettera a, del d.l. n. 121 del 2021, come convertito, nella parte in cui riformula l’art. 5, comma 1-quinquies, della legge n. 84 del 1994 primo periodo), che come detto, acquisisce il solo parere di Regione e Comune sulla coerenza con la pianificazione delle aree contigue.

La pianificazione portuale è, infatti, regolamentazione settoriale dell’assetto dell’area portuale preordinata al corretto svolgimento e allo sviluppo dei relativi traffici e, come tale, prevale per ‘specialità’ sulla regolazione generale propria del governo del territorio e dell’urbanistica.

Questa, pur nella sua nozione più ampia di globale disciplina dell’uso e delle trasformazioni del territorio, “non esclude la configurabilità […] di valutazioni e discipline diverse, neppure se improntate anche esse ad analoghe esigenze di integralità e di globalità” (così sentenza n. 359 del 1985). A tale ascrizione materiale questa Corte ha già, d’altro canto, proceduto per il Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica cui il DPSS deve essere coerente e a cui il PRP, nei porti amministrati dalle Autorità di Sistema, deve dare attuazione (sentenza n. 261 del 2015).

La giurisprudenza della Corte ammette così la limitazione della funzione urbanistica comunale; la funzione pianificatoria su porto e retro-porto è sottratta al piano urbanistico comunale per l’attuazione del preminente interesse allo sviluppo del traffico portuale nazionale e internazionale, mentre la pianificazione urbanistica è garantita all’ente locale in relazione alle limitrofe aree di interazione porto-città.
Infatti, l’affidamento da parte dello Stato delle competenze pianificatorie dei porti nazionali e internazionali alle Autorità di Sistema Portuale risponde alla logica del decentramento. Queste sono “Enti pubblici non economici di rilevanza nazionale a ordinamento speciale” (così sentenza n. 208 del 2020), appositamente istituiti dalla legge quadro per l’esercizio di plurime funzioni sul Sistema e sui porti in esso ricompresi: non possono pertanto essere qualificate “autorità periferiche”. Cioè, il ruolo delle AdSP è scolpito in una sentenza che ne riconosce la natura nazionale (amministrazione periferica dello Stato).

Il ruolo dei Comuni è solo limitato alle aree limitrofe, quelle per cui non hanno una funzione portuale. La limitazione della valutazione regionale sul PRP alla suddetta sola ‘coerenza’ con gli strumenti urbanistici è conseguenza logica della descritta ripartizione della funzione pianificatoria delle aree. Inoltre, essa non incide negativamente sulla competenza amministrativa portuale regionale: la norma, infatti, non attiene ai porti di rilevanza economica regionale, ma riguarda solo quelli di rilievo nazionale e internazionale.

La Corte Costituzionale con quest’ultima sentenza respinge quasi tutte le tesi portate avanti dalle ricorrenti Regioni Toscana e Friuli-Venezia Giulia, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1-septies, lettera a), del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, introdotto, in sede di conversione, dalla legge 9 novembre 2021, n. 156, nella parte in cui, sostituendo l’art. 5, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), non prevede che il Documento di Programmazione Strategica di Sistema (DPSS) sia accompagnato da una relazione illustrativa che descriva i criteri seguiti nel prescelto assetto del sistema e gli indirizzi per la futura pianificazione.

Un’ultima osservazione: la pretesa che l’urbanistica possa risolvere tutte le ‘curve’ sociali del post-industriale è solo ‘fantasia’! Può solo indicare come organizzare il territorio, i servizi, le attività economiche. Ad altri spetta poi l’impegno ad attirare capitali, persone e flussi turistici sfruttando la capacità infrastrutturale di un territorio. Organizzare porto e aeroporto con servizi efficienti a costi competitivi, consentendo ai flussi delle merci e dei passeggeri di avere occasioni di crescita, spetta ad altri.

Abele Carruezzo