I porti del Ministro Lupi: dalla regione marittima al distretto logistico

Quello che era successo per le “province” della penisola, quando furono istituite le “regioni” si sta verificando in tutti gli ambiti istituzionale/produttivi. Sotto la parola-chiave “logistica” in ambito portuale si sta innescando una vera e propria trasformazione nel processo del trasporto marittimo: dalle provincie portuali alle regioni portuali (concetto diverso da regione marittima).

Il Ministro Lupi lo aveva accennato ad ottobre scorso (assemblea di Assoporti) e puntualmente a gennaio trasmette alle commissioni trasporti di Camera e Senato la sua bozza di riforma del sistema portuale italiano. In questi ultimi mesi molti cattedratici di economia portuale marittima si sono spesi in seminari di studio che per poter applicare una più ampia autonomia finanziaria delle A.P. serviva un ampliamento dei confini geografici di un porto e quindi, in chiave “logistica”, si doveva andare verso gli accorpamenti delle tante autorità portuali esistenti, manipolando il concetto di “regione marittima”.

Ancora una volta si miscela la funzione finanziaria di un porto con quelle economico-produttivo-portuali di un territorio omologando lo sviluppo; proprio il contrario di quello che sta avvenendo nel range nord-europeo ed in Europa, dove i flussi trasportistici stanno generando reti di porti Ten-T- e corridoi integrati in un federalismo territoriale ed amministrativo spinto che l’Italia ancora sogna. Quindi 24 autorità portuali sono troppe e vanno accorpate. I più scettici diranno che è sempre una bozza e potrebbe essere modificata. Politicamente si era già espressa la On. le Serracchiani del nuovo PD di Renzi e Lupi, ora del NCD, cede ed offre il passo e lo fa anche nei trasporti aerei, approvando il piano nazionale degli aeroporti (17 gennaio scorso).

Le novità: dal concetto di rete di porti (regioni marittime europee) si passa a quello di “distretto”; siccome hanno funzionato i distretti del tessile, della moda e delle ceramiche ecc., perché non dovrebbero funzionare i distretti portuali? Una rivoluzione che si tradurrà nel processo dei trasporti di flussi materiali ed immateriali da una origine ad un destino senza una chiara matrice di valutazione cost/benefici per armatori, terminalisti, interporti e soprattutto per rotte marittime; si sta allargando, almeno in Italia, la “door” portuale trasformandosi più in un “condominio” marittimo.

Otto distretti:  Alto Tirreno, Medio Tirreno, Basso Tirreno, Alto Adriatico, Medio Adriatico, Basso Adriatico-Ionio, Sicilia, Sardegna; una suddivisione che ricorda più quella logistica militare che quella economico-marittima e con porti che potrebbero appartenere contemporaneamente a distretti contigui; ogni distretto sarà governato da una autorità portuale e logistica di interesse strategico e lo stesso accadrà a livello di aeroporti. I distretti logistico/portuali sono stati individuati con la stessa “matrice” e metodologia applicata al trasporto aereo per gli aeroporti: l’appartenenza alle reti Ten-T; dimensioni del porto per tipologia e qualità del traffico, ubicazione territoriale (non geografica), collegamento funzionale con i corridoi multimodali europei e ruolo strategico nei traffici internazionali; poi il criterio politico, cioè tutto ed il contrario di tutto: “coerenza con la programmazione logistica nazionale con proiezione almeno decennale” e disponibilità di collegamenti ferroviari e stradali con reti prioritarie. Si pensi alla Calabria, Puglia, Basilicata, Molise.

Cambia anche la governance dove il consiglio direttivo del distretto include, oltre al presidente, un componente designato dal ministero delle Infrastrutture, un rappresentante delle capitanerie, uno delle strutture interportuali e intermodali operanti nel distretto logistico e un componente designato da ciascuna Regione del distretto. È prevista poi una commissione consultiva, composta da sei rappresentanti dei lavoratori di imprese del distretto nonché un rappresentante di armatori, industriali, spedizionieri e agenti marittimi, autotrasportatori, imprese ferroviarie.

Quindi un consiglio d’istituto distrettuale che delibera ed commissione consultiva senza poteri di deliberazione; in più le Autorità marittime lasceranno alla Autorità di distretto la gestione di aree e beni del demanio marittimo; inoltre a livello finanziario,  rimane all’1% il gettito, derivante dall’in/out merceologico,  che le autorità-distretto potranno trattenere, ma senza tetto massimo (attualmente a 90 milioni di euro annui).

 

Abele Carruezzo