Logistica portuale e trasporto marittimo: “Alan e la profezia dell’aquilone…”

È di questi giorni lo spot in onda sulle reti televisive, a cura del Ministero dei Trasporti, il MIT, con il quale si esprime un doveroso grazie agli attori tutti della logistica dei trasporti senza i quali le merci, anche del paniere primario dei beni e quindi le componenti anche di quelli di prima necessità, non sarebbero giunti alla destinazione finale a causa del perdurare degli effetti di una poderosa, recalcitrante e pericolosa pandemia sviluppatasi a livello planetario. Lo spot emoziona. Non solo pone la lente su di un problema acuito in questi mesi “governati e regolati” dagli effetti della micidiale pandemia, per l’appunto, ma vede nella logistica portuale e nei correlati trasporti marittimi, l’asset di sviluppo economico principale del nostro Paese almeno nel breve e medio periodo.

Non era mai successo che tutte le navi da crociera, non solo battenti bandiera Italiana, attive in giro per il mondo sono ferme a causa dell’emergenza covid-19,  ponendo in essere uno status che disorienta al sol pensiero statico e dinamico di ciò che vuol significare tale  perdurante blocco di migliaia e migliaia di dipendenti con decine di migliaia di potenziali turisti. Si è, poi, nella prima fase dell’emergenza,  esercitato qualche potere pubblico di chiusura del porto o delle dogane,  ma con risultati tali da consentirne il funzionamento e l’operatività percependo subito che le restrizioni sui movimenti delle merci od il blocco delle frontiere potrebbero ritorcersi direttamente sulla lotta allo stesso coronavirus che va combattuto,  da perfido nemico sottotraccia qual è, con una nuova normalità del commercio e degli scambi nazionali ed internazionali proprio per garantire sia l’andamento dell’economia che le persone beneficiarie delle merci.

Con queste poche premesse possiamo affermare che l’ attività dei porti ai tempi del coronavirus è  da prima linea proprio per l’essenziale compito di smistamento di merci e persone che si attua anche in periodo di guerra come essere una così lunga fase pandemica lontano, oggi, dall’arretrare e scatenando elementi di crisi, frutto di mitigazione, assuefazione, trasformazione, adattamento proprio agli effetti imponenti di una crisi indotta senza precedenti. Di gran lena e in guisa a quanto qui in premessa, i sedici Presidenti delle Adsp hanno formulato di recente una richiesta al Ministero al fine di prendere iniziative e provvedimenti urgenti anti crisi anche al fine di fronteggiare gli effetti di una guerra sanitaria senza confini non solo nell’ ambito dei loro bilanci.

Una crisi di queste dimensioni e poco orientabile e frenabile nella riduzione e negli effetti sulla vita quotidiana può, e vogliamo considerare deve, scatenare la causa dominante per una riorganizzazione della logistica portuale utilizzando la propria capacità di resilienza, di adattazione e di trasformazione per una vera attività di rilancio dove il ruolo delle infrastrutture diviene prepotentemente cruciale.

Ma esaminiamo, in breve, lo stato dell’arte della logistica e dei trasporti marittimi italiani.

Nonostante la portualità italiana benefici in alcuni casi della mano superiore di madre natura, in  molti porti l’affermazione dello stesso scalo portuale a livello internazionale vede spesso ritardi ed inefficienze; queste ultime riferite sia all’affidabilità del sistema amministrativo e gestionale, sia per l’affidabilità del servizio, ovvero la verifica delle migliori condizioni di mercato di uno scalo portuale o di una catena logistica integrata per un sistema infrastrutturale auspicabile interconnesso, fluido e senza i cd colli di bottiglia.

Alcuni dati penalizzano la velocità di movimento delle merci una volta sbarcate sulla terraferma, altri una frammentazione delle reti di trasporto non sempre fra loro connesse e un’idea non sempre omogenea e adeguata al tempo degli investimenti infrastrutturali di politica portuale dei trasporti.

Su quest’ultimo però serve qualche considerazione.

Gli addetti ai lavori conoscono l’importanza della prima definizione da parte della Commissione Europea di autostrada del mare del 2004, ovvero quella rete che  tende a concentrare i flussi di traffici di merci su alcuni itinerari marittimi in modo da migliorarne le linee esistenti o stabilirne di nuove redditizie riducendo , tra gli Stati membri, la congestione stradale migliorando il collegamento degli Stati insulari e periferici.

Una logica marittima da libero mercato per itinerari marittimi produttivi, regolari e frequenti,  tra i quali ricordiamo quello Baltico, dell’Europa occidentale, dell’Europa sudorientale e sudoccidentale di cui fa parte l’Italia. Nel dicembre del 2013 vengono emanati due Regolamenti  europei  – i n° 1315 e 1316 –  tutt’ oggi validi ai fini della politica europea  dei trasporti marittimi e con i quali si dettano delle priorità per la rete globale di corridoi previsti: due nord/sud, tre est/ovest e quattro diagonali rappresentando lo schema dei trasporti del mercato unico europeo.

Si va delineando sempre più l’infrastruttura portuale connessa con le linee ferroviarie o stradali, vie navigabili anche lagunari e fluviali.
Le autostrade del mare prendono sempre più piede anche in considerazione del “Motorways of the sea”- documento del 2018 – con il quale s’individuano tre priorità per il loro sviluppo: ambiente, integrazione del trasporto marittimo nella catena logistica e sicurezza dell’ elemento umano, al fine di ottenere una considerevole riduzione di emissione di CO2 provocata  da olio combustibile in uso alle navi entro il 2050 e con obiettivo intermedio nel 2030.

L ‘utilizzo delle vie d’acqua interconnesse con le vie di terra costituisce la centralità del sistema logistico marittimo condensato in  molti documenti governativi, tra quali  spiccano il Piano Generale dei Trasporti (PGT) per una politica unica sui trasporti delle autostrade del mare; il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica (PGTL ) per uno sviluppo dei trasporti via mare a corto raggio, tipicizzando le realtà portuali, la rimozione dei bottlenecks infrastrutturali, l’intera modalità spinta; il Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti  (SNIT) che considera le infrastrutture sostenibili e capaci di creare dei veri e propri hub portuali di collegamento tra i principali porti della penisola e le principali reti ferroviarie.

Il noto documento “Connettere l’Italia”, poi, adottato dal MIT nel 2016, avanzando una nuova stagione per ideare, programmare e realizzare nuove infrastrutture, premessa del nuovo DPP,  ovvero del Documento Pluriennale di Programmazione che unicamente al recente Nuovo Codice degli Appalti consentirebbe una vera e propria cura del ferro e cura del mare potenziando il sistema marittimo portuale, quello ferroviario e dell’ autotrasporto con specifiche azioni incentivanti e di semplificazione  amministrativa.

Di qui l’ecobonus: cospicui finanziamenti atti a sviluppare le catene logistiche per il potenziamento dell’intermodalita’ nel rapporto favorevole agli incentivi alla categoria degli autotrasportatori, poi per il tramite delle imprese armatoriali, che la stessa Commissione Europea nel 2016 ha ritenuto ammissibili.

La novità di maggior peso nella lettura globale dei trasporti intermodali viene dalla Repubblica Popolare Cinese per il tramite della “Via della Seta” che intende creare nuovi collegamenti terra/mare tra la Cina, l’Europa e il Medio Oriente, riproponendo l’antico percorso carovaniero che dalla lontana Asia giunge sino al Mar Mediterraneo per il tramite del Canale di Suez.

La Cina vuole valorizzare la logistica dei porti del Mediterraneo trasformandoli, alcuni, in hub specifici per le merci con adeguate piattaforme logistiche infrastrutturate competitive. Il 23 marzo 2019 si assiste alla firma di un accordo specifico tra il Governo Italiano e quello Cinese per una connettività “people to people”. Molto attenzionati sono i porti di Genova e Trieste già discretamente attrezzati, nel mentre per alcuni altri porti del sud Italia si accendono strumenti economici facilitatori ed attrattivi di investimenti,   quali Zes e Zls.  Appare certo come i circa cinque trilioni di dollari disponibili nell’ambito delle opere a realizzarsi lungo la Via della Seta debbano fare sintesi degli attuali strumenti europei e domestici finalizzati al miglioramento della logistica portuale con l’obiettivo unico e certo di un veloce passaggio della merce da una modalità trasportistica ad un’altra scatenando la competitività e sposando sempre più le esigenze di attracco e manovra delle cd navi giganti.

Traguardo ambito si direbbe. Certo come complessi sono i fenomeni da dominare.
Ma che ruolo sta avendo la pandemia, prolungata nel tempo con effetti devastanti su più fronti, rispetto a tali strumenti di sviluppo accertati ed in parte per taluni avviati e con quali aspettative dobbiamo porci rispetto ai necessari cambiamenti in corso o che si presenteranno nel secondo semestre dell’anno 2021 ?

La risposta non può che essere una: velocità di e nei cambiamenti riguardanti la portualità.

Le avviate aree logistiche integrate ALI, se sapienti nei risultati, costituiscono un valido esempio di un sistema portuale al passo coi tempi dove porto, retroporti, interporti, piattaforme logistiche devono collegarsi con i corridoi multimodali delle reti di trasporto nazionali ed europee.  A questo deve aggiungersi lo sviluppo immediato e multiplo dello sportello unico doganale e dei controlli di polizia al fine di ridurre tempi e costi per gli operatori portuali consentendo la creazione di corridoi doganali – fast corridor – con la procedura di sdoganamento da aversi in mare, pre-clearing. Poi, come in generale, nella pubblica Amministrazione sta accadendo funzionale al risparmio di tempo e alla riduzione dei costi: il fascicolo doganale elettronico collegato alla singola merce visionabile su apposte piattaforme logistiche on line di collegamento tra vettori e Ufficio delle Dogane.

Competitività, decarbonizzazione e digitalizzazione sono le priorità da porre in essere in questo periodo in cui un fenomeno pandemico, mai visto prima, sta incidendo marcatamente sulla vita quotidiana che, sappiamo, é fatta di relazioni, scambi, contatti e proprio queste abitudini oggi sono recise dall’avanzare del virus su scala mondiale ed intercontinentale. Quindi importante è l utilizzo di soluzioni smart con tecnologie e processi innovativi applicabili a contesti gestionali assai dinamici ed articolati quali sono gli spazi portuali con diversificati soggetti, interessi e funzioni. La merce deve essere trattata nei nodi logistici di nuova e moderna concezione attraendo i traffici con tempi certi e rapidi di sdoganamento ai fini della successiva distribuzione e consegna.

Smart Port Logistics e georeferenzialita’ della merce in arrivo, in sosta e in partenza dal porto, serviranno a favorire anche le operazioni di pagamento quali di spostamento verso i corridoi doganali controllati e quelli logistici appartenenti al retroporto, interporto, piattaforme e magazzini, e per il rifornimento ad esempio.

Avviandomi alla conclusione, appare chiaro un quadro in cui la logistica portuale e i porti devono fare i conti con gli effetti di una pandemia imperante , dilagante e capace di colpire interi settori dell’economia domestica e mondiale basando l’azione su una nuova organizzazione efficiente e smart capace di incidere proprio sulla riduzione dei costi ovvero sulla velocità  di transito delle merci .

Non saranno provvedimenti emergenziali, specie se originati da indicazioni sanitarie, a frenare o limitare un differente sviluppo della logistica,  ma questa é  l’occasione, se pur di origine traumatica, per mettere in rotta moduli gestionali efficienti assicurando quelli infrastrutturali, molti come visto, solo se di medio tempo  nella realizzazione,  in quanto si dovrà evitare di porre limiti alla circolazione delle merci di ogni tipo e genere.

Competitività ai tempi del coronavirus è la sfida cui, realmente e per i prossimi 8/16 mesi, bisogna guardare in uno scalo portuale affinché si osservino i risultati certi in controtendenza con le forti preoccupazioni in corso.
E come in una fiaba, l’augurio è assistere alla realizzazione di quanto un aquilone raffigurava agli occhi desiderosi di nuovi traguardi e rotte di un bambino di nome Alan innamorato del mare. Costui vide la trasfigurazione di un’aquila che portandolo con sé lo spinse trainandolo su di una barca, verso nuovi orizzonti alla ricerca di nuove emozioni.

Ancora una volta sarà il mare a riportare il colore azzurro e la felicità …  nei nostri porti.

Teodoro Nigro