Nuovi indizi sulla grande vulnerabilità delle calotte glaciali della Patagonia

foto 1 credits Lodolo

L’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS partecipa allo studio

Un nuovo studio pubblicato su “Communications Earth & Environment” ne quantifica la massa e certifica la loro estrema fragilità

TRIESTE– Le calotte glaciali della Patagonia sono le più vaste di tutto l’Emisfero Sud, escludendo l’Antartide, e ricoprono parte della catena delle Ande in Argentina e in Cile. Nonostante si estendano per circa 16 mila chilometri quadrati sono ancora poco conosciute. Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment, del gruppo Nature, ha rivalutato il volume dei due campi di ghiaccio della Patagonia usando metodi geofisici di remote sensing e immagini satellitari. Queste calotte posseggono quaranta volte più ghiaccio di tutti i ghiacciai delle Alpi europee e lo studio ha mostrato quanto siano vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico.

Il gruppo di ricerca internazionale, guidato da Johannes Fürst dell’Istituto Geografico dell’Università di Erlangen-Norimberga, e composto da diverse Università e Istituti di ricerca, tra cui l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, ha valutato che le calotte glaciali della Patagonia contengono 5351 chilometri cubi di ghiaccio (riferiti all’anno 2000) e in alcune valli glaciali, raggiungono spessori di 1400 metri.

“Sapevamo molto poco delle calotte della Patagonia, due enormi campi glaciali delle dimensioni di poco inferiori a quelle del Veneto” spiega Emanuele Lodolo, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS. “Fino ad ora non avevamo molte informazioni sul loro spessore e i volumi coinvolti, nonostante queste si estendano, rispettivamente, per circa 130 e 350 chilometri nella calotta settentrionale e meridionale, e con larghezze che superano i 60 chilometri” precisa Lodolo.

L’analisi delle mappe satellitari e delle informazioni geofisiche acquisite nello studio hanno mostrato che alcuni ghiacciai nel settore del fianco orientale della calotta sono arretrati di svariati chilometri negli ultimi decenni, mentre altri sono rimasti essenzialmente stabili. Queste dinamiche sono influenzate dalla morfologia e dalla profondità dei bacini lacustri in cui confluiscono: dove sono più profondi, l’arretramento dei fronti glaciali è stato più consistente e veloce.

“Mentre i ghiacciai nelle Alpi europee raramente hanno una velocità di più di 200 metri all’anno, la maggior parte dei ghiacciai della Patagonia supera questa velocità e alcuni raggiungono addirittura una velocità di diversi chilometri all’anno. Solo i ghiacciai che si originano dalle grandi calotte della Groenlandia e dell’Antartide occidentale presentano valori così elevati di velocità di scorrimento” spiega Emanuele Lodolo.

“Le calotte della Patagonia perdono ogni anno mediamente un metro di spessore di ghiaccio e questo ha effetti significativi non solo sulle risorse idriche della regione, ma su tutto l’ecosistema circostante” spiega Lodolo. “Tutto ciò alimenta grandi preoccupazioni, legate anche all’aumento del rischio di eventi meteorologici estremi che hanno colpito duramente la regione in questi ultimi anni” conclude il ricercatore.

Link all’articolo: https://www.nature.com/articles/s43247-023-01193-7

Immagini:

1-Il fronte del famoso ghiacciaio Perito Moreno che si origina dal Campo de Hielo Sud della Patagonia e che si getta nel Lago Argentino (credits: foto di E. Lodolo)

2-Panorama della Patagonia con sullo sfondo il ghiacciaio Perito Moreno (credits: foto di E. Lodolo)

foto 2 credits Lodolo