Egitto si prepara ad aumentare la produzione di Gnl

Il grande giacimento sottomarino di gas di Zohr in Egitto operato da Eni (Saipem)

Milano. L’Europa cerca più gas in giro per il mondo; e mentre l’OPEC blocca per ora il surplus di produzione, l’Egitto invece avvia un programma per aumentarlo.

La società energetica statale egiziana EGAS (Egyptian Natural Gas Holding Co.) ha accettato di aumentare la produzione di gas della nazione e le sue esportazioni di Gnl sul mercato italiano,
aiutando l’Europa a sostituire i volumi di gas naturale russo.

EGAS ha annunciato un accordo con Eni, grande società italiana dell’energia, per aumentare i progetti di gas gestiti congiuntamente e massimizzare la produzione di gas a breve termine.
L’accordo spingerà anche gli E&P (gruppo di Exploration & Production di petrolio e gas) che operano in un settore specifico dell’industria, su aree concesse in affitto dal Governo egiziano.

Gli E&P sono noti come il segmento a monte dell’industria petrolifera e del gas, che comprende le fasi di ricerca, esplorazione, perforazione ed estrazione. Il segmento E&P è la prima parte del processo di produzione di petrolio e gas. Le aziende all’interno di questo segmento si concentrano principalmente sulla localizzazione e l’estrazione di materie prime dalla Terra.

Le società di capitali e gli operatori di E&P lavorano con una varietà di enti, governativi e non, come procuratori di appalti d’ingegneria e costruzioni (EPC), e con partner di joint-venture e società di servizi petroliferi. Nel processo di localizzazione ed estrazione di petrolio e gas, gli E&P costruiscono anche infrastrutture e raccolgono enormi quantità di dati analitici.

L’Eni prevede che l’impegno con EGAS sosterrà quest’anno i carichi di Gnl per l’Italia e il mercato UE dell’ordine di circa tre miliardi di metri cubi di gas, entro il 2022. Da solo, questa quantità sarebbe sufficiente per sostituire circa il due per cento delle forniture di gas russo all’Unione europea.
Eni è il più grande produttore di petrolio e gas in Egitto, con una quota di circa 360.000 boepd (barrels of oil equivalent per day) di produzione. A lungo termine, l’azienda aspira a investire nella decarbonizzazione delle sue attività egiziane attraverso progetti di cattura del carbonio ed energie rinnovabili.
Oggi la principale operazione di Eni in Egitto è il giacimento di gas di Zohr nel blocco di Shorouk, al largo di Port Said. È il più grande giacimento di gas mai trovato nel Mediterraneo ed è entrato in funzione alla fine del 2017. Il gas che esce da questo giacimento alimenta un terminale di liquefazione ed esportazione di Gnl a Damietta, 25 miglia nautiche a est di Port Said.

Anche la grande società petrolifera russa Rosneft detiene una quota del 30% nel progetto Zohr.
La fornitura potrebbe aiutare a raggiungere gli obiettivi politici del Governo italiano. Per aiutare a diversificare il proprio mix energetico, l’Italia sta cercando di importare più Gnl (dopo l’Algeria gli ultimi accordi con la Tunisia) e ha pianificato di assicurarsi due navi FSRU (Floating Storage Regasification Unit) per avere rapidamente più capacità di rigassificazione.


Osservazioni.
E’stata sufficiente un’operazione speciale della Russia in Ucraina – guerra a tutti gli effetti – per stravolgere il mercato del gas e del petrolio e tutte le previsioni degli analisti di economia marittima di questo settore. La Germania ha ri-attivato per le sue centrali elettriche l’uso del carbone e programmato nuove centrali nucleari per non dipendere dalla Russia. Il Regno Unito ha ripreso l’estrazione del petrolio dalle proprie piattaforme nel Mare del Nord. Paesi Bassi e Francia sono impegnati in rinnovati piani strategici per l’energia diversificando le fonti sia le fossili e sia le rinnovabili.

Le navi Fsru operano da rigassificatore offshore e già molti porti italiani si sono prenotati per offrirsi come sito ideale. Il Gnl per essere immesso nella rete deve essere trattato nei rigassificatori. Per gestire la crisi generata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’Italia ha bisogno di aumentare di circa 6 miliardi di mc. le quantità trattate nei tre impianti già esistenti a Panigaglia, al largo di Rovigo e Livorno. La Snam sta trattando per altre due strutture galleggianti e “Il primo semestre del 2023 la prima nave sarà operativa”, ha detto, l’altro giorno, il Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, indicando una capacità di 5 miliardi di mc./anno e, come possibili destinazioni, Piombino, Taranto, Brindisi o l’alto Adriatico.

E già si è aperta una campagna pro i migliori siti portuali e non. L’ideale è scegliere porti che hanno vicino a infrastrutture e gasdotti necessari per permettere una condotta adeguata del gas verso le utenze, e questo ne limita già la concorrenza e la ‘guerra’ campanilistica fra porti con scarsi traffici.
Inutile rilevare le contraddizioni, politiche, sociali e ambientali, in atto, che si stanno affrontando nelle varie amministrazioni comunali dove si trovano tali porti. Come il caso di Brindisi.

A distanza di vent’anni dal ‘no’ all’iniziativa proposta allora da British Gas nell’area portuale, si torna a parlare dell’infrastruttura strategica alla luce della crisi generata dalla guerra in Ucraina. Allora tutti, ambientalisti e non, invocavano per la BG un sito offshore; ora che si parla di una struttura galleggiante al largo di Brindisi, gli stessi si dichiarano contrari. Il solito ‘rompicapo’, una contraddizione sempre originale e del tutto locale: lo sviluppo fa male e perciò ‘non si cambia nulla per non cambiare’!

Abele Carruezzo