Sui servizi tecnico-nautici decide il Ministero

Roma. Il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, lo scorso agosto firmò il decreto che istituiva l’”Ufficio di controllo interno e gestione dei rischi”, interno al ministero, e pubblicato appena pochi giorni addietro sulla Gazzetta Ufficiale.

Tutto inizia con l’approvazione da parte dell’Ue del Regolamento (UE) 2017/352, che istituisce un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e norme comuni un materia di trasparenza finanziaria dei porti. L’articolo 16 di detto Regolamento recita: “… ogni Stato membro provvede affinché sia in vigore una procedura efficace per gestire i reclami derivanti dall’applicazione del presente regolamento per i suoi porti marittimi che rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento”. La gestione dei reclami deve essere effettuata in modo da evitare i conflitti di interesse ed essere indipendente sul piano funzionale dagli enti di gestione del porto o dai prestatori di servizi portuali.

Quindi separazione funzionale tra la gestione dei reclami, da un lato, e la proprietà e la gestione di porti, la fornitura di servizi portuali e l’utilizzo del porto, dall’altro. In termini pratici, gli Stati membri dell’Ue sono chiamati a definire un’efficace procedura per la gestione dei reclami derivanti dall’applicazione del Regolamento (UE) 2017/352,e individuare un’autorità indipendente deputata a gestire appunto tali reclami.
Dal sito della Commissione europea, tra le notifiche sull’applicazione degli artt. 16 e 17 del Regolamento (UE) 2017/352 da parte degli Stati membri, leggiamo che l’Italia avrebbe optato per una separazione delle competenze tra due distinte autorità.

L’Italia avrebbe individuato l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART, L. n.201/2011 e L. n. 2014/2011) come autorità competente per la gestione di tutti i reclami derivanti dall’applicazione del Regolamento (UE) 2017/352, con l’eccezione dei servizi tecnico nautici (rimorchio, pilotaggio ed ormeggio).
Su questi servizi, dopo più di due anni, si è deciso che faranno capo direttamente al Mims, cui rispondono anche gli enti di gestione del porto (Autorità di Sistema Portuale e soprattutto Capitaneria di Porto). Un paradosso – tutto italiano – che per far valere i diritti violati da una Capitaneria di Porto si debba chiedere conto proprio alla stessa Autorità. Un operatore portuale, deciso a contestare una tariffa su concessioni, approvata dal MIMS, dovrebbe sottoporre il proprio reclamo al MIMS stesso.

Qualche perplessità è stata espressa proprio dal presidente dell’ART, Nicola Zaccheo, nel corso della presentazione del proprio rapporto annuale alla Camera dei Deputati, l’altro giorno. Il presidente dell’ART si sarebbe chiesto se l’attribuzione alla costituenda “struttura indipendente”, in seno al MIMS, della competenza in materia di servizi tecnico nautici possa ritenersi compatibile con il regolamento Ue. Il disappunto è rivolto alla scelta del Ministro Giovannini, contraria alle regole comunitarie.
L’Italia ha giustificato questa decisione – per tali servizi tecnico nautici – invocando le evidenti connessioni con la sicurezza della navigazione, in quanto servizi da porre il loro controllo sotto la vigilanza e regolamentazioni degli organi statali.

Per questa ragione, l’Italia ha ritenuto di costituire nell’ambito del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS) una specifica struttura indipendente. Si legge nel decreto pubblicato giorni addietro: “… struttura con specifici compiti di vigilanza e controllo intersettoriali che potrà, con riferimento ai citati servizi tecnico nautici, svolgere le funzioni di autorità competente alla trattazione dei reclami discendenti dall’applicazione del Regolamento assicurando, nel contempo, i requisiti di indipendenza funzionale sia dalle altre strutture ministeriali che dagli enti di gestione del porto e dai prestatori di servizi portuali”.

Da un lato si trova l’importanza fondamentale delle disposizioni dettate dal Regolamento (UE) 2017/352 e, dall’altro lato, la conseguente necessità che venga garantita agli operatori e utenti dei servizi portuali la possibilità di vedere pienamente applicate le norme del predetto regolamento.

In attesa di avere ‘voce’ chiarificatrice da parte del Governo il ‘contorno’ portuale tace! Lo stesso ‘silenzio’ troviamo sul controricorso depositato dalla Commissione Ue, presso il Tribunale dell’Unione Europea, sul contenzioso innescato da Bruxelles per contestare l’illiceità dal pagamento delle imposte di cui beneficiano le Autorità di Sistema Portuale. Ci si aspetta una presa di posizione del nostro Governo sulla questione per effettuare un’attenta riflessione su quale possa essere il modello di ‘governance’ migliore per i nostri porti e allo stesso tempo, per l’intera industria marittimo/portuale/logistica.

Abele Carruezzo