La programmazione e pianificazione della città-porto meridionale

Brindisi – Sinceramente avremmo voluto una scala di declinazione tematica del convegno del Propeller Port of Brindisi più mediterranea che meridionale! Anzi, la dimensione economico-marittima di una città – porto che guarda al proprio futuro è stata assente. Alcune riflessioni vanno poste. E’ noto a tutti che il settore del trasporto marittimo, nel suo complesso, sta attraversando una fase – puntuale – di modernizzazione che va dalla propulsione navale alla condotta delle navi e alla sistemazione del carico a bordo, con un pensiero particolare alle tipologie di terminal portuali e le varie attrezzature per movimentare il carico stesso, merci e/o passeggeri, ro-ro e/o ro-pax.  I nostri porti stanno attraversando una forte trasformazione dall’analogico al digitale; lo shipping tutto richiede di aumentare le velocità per le operazioni carico/scarico di merci e/passeggeri.

Migliorare efficienza del carburante da un porto all’altro, ridurre la congestione nei porti e aree ad alto traffico, l’introduzione delle smart comunicazioni in tempo reale tra le parti interessate; sono tutte queste questioni fondamentali che stanno trasformando oggi il commercio marittimo e ci troviamo ancora con porti, quelli del Mediterraneo europei dimenticati dall’UE. I porti, per la loro dimensione marittima e la loro posizione geografica, come quelli del Mediterraneo europeo, meritano un maggiore riconoscimento nell’ambito dei progetti Ue, soprattutto per la loro capacità a sostenere la continuità territoriale dell’Europa per merci e persone, dimostrando di avere una natura transfrontaliera nel superare i confini nazionali. Una tale trasformazione del concetto di nodo portuale sembra rincorrere due finalità, a volte contrastanti: massimizzare l’utilità di un porto per la c.d. utenza portuale, diretta e indiretta con una preminente funzione imprenditoriale, e ottimizzare l’impatto sul territorio, città e/o regione in termini di reddito, occupazione, ambiente, qualità della vita e relazioni politiche.

Le imprese produttive del territorio di un sistema portuale, unitamente agli operatori portuali tutti, debbono responsabilmente rendersi conto  che una costruzione logistica portuale con una propria politica logistica da parte di Enti è ormai ineluttabile. Quello che non è chiaro, da parte di Enti che governano il territorio che fa polo con la città-porto, è la c.d. “identificazione” del porto in una “classificazione” dentro i flussi merceologici tale da includere la città al porto e viceversa. Non basta affermare una “polifunzionalità” di un porto se poi gli stessi operatori portuali, le varie amministrazioni comunale, provinciale e regionale della scala della mobilità non pianificano le proprie strategie in tale direzione. I porti del Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale sono sicuramente competitivi, perché si hanno infrastrutture, banchine, fondali, piazzali, retroportualità per supportare nuove vie di traffico mercantile: basta essere convinti e avere adeguata strategia per sostenere la concorrenza. La direzione da seguire, a nostro parere, è quella di una stretta sinergia tra l’industria, le istituzioni e le imprese di spedizione marittima, aerea, ferro – gomma.

Fare sistema: questo deve essere l’obiettivo di un orizzonte prossimo. Solo in questo modo si potranno cogliere appieno le opportunità offerte da questa iniziativa di portata storica per il significato economico, politico e strategico. Fare squadra per giocare la partita ai massimi livelli; creare un sistema vincente al fine di raggiungere obiettivi comuni. Per esempio, l’ambito ferroviario, valida alternativa- intermedia di servizio alla mobilità, deve essere strutturato con una progettazione diretta, vettoriale e neutrale, non limitata ad uso di singole aziende non aperte al mercato  euro -mediterraneo.  Nel prossimo decennio i porti europei e in particolare quelli mediterranei avranno bisogno di forti investimenti per competere e per creare economia e sviluppo nel territorio con un valore sociale di ritorno sui vari investimenti.

I porti del  Sistema Portuale MAM hanno un ruolo strategico importante per lo sviluppo dei trasporti e della logistica, quali nodi impegnati nella sostenibilità dell’energia, nell’industria e nella blu economy. Per una città-porto, sicuramente il turismo è legato alle navi da crociera; però questo segmento sta subendo delle modificazioni. Le grandi global shipping cruising è vero che stanno impegnando capitali sulle grandi navi (seimila passeggeri con duemila di equipaggio una vera città galleggiante o un grande centro commerciale); ma queste navi saranno più impegnate su rotte del Pacifico orientale, visto l’aumento della domanda di massa di Cina e Giappone. Mentre stanno tornando di moda le navi a “dimensione – umana”, molto appetibili dal punto di vista degli itinerari storici, settimanali  e Mediterranei, sia romano sia austro-americano; su queste navi molto coinvolgenti, il crocierista a bordo si sente più partecipato e non un “numero” che occupa un posto letto. In questo caso, i porti classici avranno più opportunità, cioè quella di offrire attracco – città per navi di medie dimensioni e attracchi fuori città con terminal cruising efficienti/efficaci nelle operazioni imbarco/sbarco passeggeri, e magari con aeroporto vicino.

Un porto è competitivo se i propri soggetti (pubblici e privati – cd cluster marittimo-portuale) hanno capacità a proporre un’offerta di qualità elevata delle proprie infrastrutture e servizi, giusta per il mercato attuale, efficace per sostenere la concorrenza con altri porti in/out “sistema”, per generare positive ricadute economiche sulla città e sul territorio di quel porto. Gli interventi, “decisamente di saluto”, non credo che abbiano fatto capire le linee di sviluppo, cioè soluzioni relative alle criticità di una città e di un porto. Ci si aspettava dal presidente della STP (Servizio Trasporto Pubblico) ed ora presidente della FAL (Ferrovie Appulo Lucane) Rosario Almiento, un ‘idea di mobilità cittadina e provinciale più dinamica, degna di questo secolo (mezzi grandi ed obsoleti per una città come Brindisi), una mobilità per via-mare che potesse realmente ri-marittimizzare alcune banchine dei vari quartieri (Villaggio Pescatori, Sciabiche, Perrino, Casale, Materdomini, Centro), un terminal passeggeri – bus provinciale che offra non solo accoglienza, ma anche servizi efficaci, con piano-parcheggi e con una penetrazione urbana più snella soprattutto  nelle ore d’ingresso e di uscita dalle scuole.

Giuseppe Danese, presidente del Distretto della Nautica Pugliese, ancora una volta, ha rilevato che la “nautica da diporto” è per definizione un “sistema” e si riferisce a un insieme di attività integrate tra loro e con il territorio di riferimento coinvolgendo tutti gli attori e le istituzioni territoriali. Sarà necessario “fornire una gamma di prodotti turistici complessi (beni e servizi, fattori attrattivi di natura sociale, culturale, naturale) – ha detto Danese – in grado di soddisfare la “domanda globale” espressa da diportista/turista, senza subire le tendenze massificanti di un’economia globalizzata”. E su tutto questo Brindisi con il Distretto regionale sarà impegnata per il futuro. Per il Prof. Dino Borri, assessore all’urbanistica del Comune di Brindisi, la parola chiave “condivisione” di una pianificazione territoriale, programmata di una città – porto, debba riflettere sulla identificazione storico-culturale sia della città sia del proprio porto con una visione strategica che guardi al futuro di medio e lungo termine. Brindisi non ha un porto costruito, come tante città italiane, ma deve essere una città consapevole di avere un porto naturale con tante potenzialità e come tale dovrà impegnarsi, di concerto con l’AdSPMAM, (PUG e PRP), per una pianificazione “nuova” di città e di porto.

Per questo, l’assessore Borri, sarà disponibile già da fine ottobre, a incontrare cittadini e operatori portuali per una “programmazione condivisa”. E proprio di “uso” del territorio, ha parlato il Prof. Carmelo Torre, esperto di VAS del PUG di Brindisi. Un uso del territorio della città di Brindisi, di consumo di aree, quasi conflittuale, più alta rispetto a Bari e a Taranto, senza una vera risoluzione delle criticità cittadine e portuali che sapesse guardare “oltre” il solo consenso politico e senza una ricaduta di sviluppo economico-occupazionale del territorio stesso. A tal proposito, vogliamo ricordare l’uso indiscriminato, (servitù militari), operato da enti governativi quali Ministero Interni, Marina Militare e Aeronautica Militare, del territorio – acqueo portuale e costiero, sottraendo possibilità di sviluppo economico-marittimo – portuale. Questo fa parte del “passato” che speriamo non ritorni.

“La convinzione di base – ha concluso  Donato Caiulo, presidente del Propeller Port of Brindisi – è che solo a partire dalla conoscenza diffusa, dalla partecipazione e da una stretta collaborazione istituzionale tra la città ed il suo porto, orientata alla sostenibilità ambientale delle scelte di piano, si può partire per definire le linee guida del nuovo Piano Urbanistico Comunale (PUG) e del nuovo Piano Regolatore Portuale (PRP) che disegnino, contestualmente, il ruolo del porto, dell’aeroporto e della città nel prossimo futuro”. L’invito per tutti sarà riflettere su come un cluster logistico – portuale debba ri-marittimizzare un territorio; attivando una strategia mirata, proponendo un aggiornamento delle reti TEN-T. In questa prospettiva una governance cittadina deve essere intesa come insieme di interazioni tra città e porto nel condividere scelte di governo dell’uso dello spazio portuale, risorsa pubblica per creare reddito e occupazione. Importante è coinvolgere sia la città sia il porto attraverso l’informazione e il coinvolgimento partecipato, anche se, molte volte, l’opinione locale non è sempre dalla parte del porto (vedasi i vari comitati del sempre no a prescindere).

Abele Carruezzo