Back to the future, U.K. promuove ‘una seconda vita’ del settore offshore del Mare del Nord

Londra. La Gran Bretagna, l’altro giorno, ha esortato le nazioni del G7 e della NATO a bandire le navi russe dai loro porti, per eliminare gradualmente le importazioni di petrolio e gas dalla Russia e inasprire ulteriormente le sanzioni contro banche e industrie chiave. Per l’UK non basta solo bandire le navi russe dai porti europei e dai loro, ma occorre dimostrare ‘unità’ dei paesi occidentali per sanzionare rifornimenti dalla Russia di petrolio e gas.

Sanzionare comporta sacrifici –non equi e non sostenibili allo stesso modo- almeno per i paesi dipendenti dalla Russia per rifornimenti energetici, come la Germania e l’Italia. Ancora non si trova unitarietà di comportamenti economico-politici fra i partner Ue comunque si va verso tali sanzioni energetiche.
Intanto, il Regno Unito sta pianificando di rafforzare la produzione offshore di petrolio e gas e l’eolico offshore come parte di una strategia di sicurezza energetica.
“Faremo un uso migliore del petrolio e del gas nel nostro ‘yard’ dando nuova vita ai campi energetici del Mare del Nord”, ha affermato Johnson in una nota.

I costi energetici dell’Europa sono aumentati vertiginosamente negli ultimi mesi, spinti, in gran parte, dall’inaffidabilità politica dei fornitori russi di petrolio e gas.
Il Regno Unito è meno dipendente dall’energia russa rispetto ai suoi alleati nell’Europa continentale, ma è ancora esposto all’impennata dei prezzi globali e alla prospettiva di una ridotta sicurezza energetica. Per compensare gli aumenti dei costi energetici per i cittadini inglesi, il governo ritiene che la soluzione a lungo termine sia di ridurre la dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas.

Inizia così, per il Regno Unito, una ‘seconda vita’ per l’industria offshore del Mare del Nord inglese. Raggiungere un’economia a zero netto emissioni è ancora l’obiettivo finale del governo inglese, ma non ‘immediata’ per la produzione nazionale di petrolio e gas. Per il governo di Boris Johnson ridurre la quota della domanda di gas importata dal Regno Unito, è obiettivo imminente, poiché si stima che nel Mare del Nord dell’U.K. rimangano circa 560 miliardi di metri cubi di gas e il governo ne promuoverà l’uso.

Inizia così, per il governo inglese, una seconda fase di licenze offshore dall’autunno 2022; un processo di autorizzazione accelerato per ‘riprendere anni dallo sviluppo’ per nuovi progetti offshore; e investire in cluster di cattura del carbonio per compensare l’impatto climatico dell’attività, compreso l’eolico offshore che ha un ruolo di primo piano.
Il nuovo piano energetico inglese prevede 12 GW in più di capacità di energia eolica offshore e punta a sviluppare 50 GW entro il 2030.

Decreti di semplificazione amministrativa prevedono cambiamenti concreti: includono la riduzione del tempo di autorizzazione del progetto da quattro anni a un anno, consentendo ‘misure ambientali di compensazione strategica’ per compensare l’impatto ambientale dello sviluppo; saranno ridotte le pratiche burocratiche sulle valutazioni di impatto sulla fauna selvatica e istituendo un ‘percorso consensuale accelerato’ per i progetti prioritari. Tale aumento di capacità energetica aiuterà a compensare la necessità del Regno Unito di far funzionare una centrale elettrica a gas naturale.

Gli impianti di gas naturale forniscono la quota maggiore dell’energia elettrica del Regno Unito, secondi solo al nucleare, e metà di quel gas è importata; il governo prevede anche di abbracciare la prossima generazione di tecnologia delle centrali nucleari.

Il Regno Unito è stato un pioniere nella commercializzazione dell’energia nucleare e Johnson ha chiesto alla Gran Bretagna di aprire nuovamente la strada ‘investendo massicciamente’ in questa fonte di energia a zero emissioni di carbonio. Con più eolico offshore, più nucleare e più gas, il Regno Unito potrebbe iniziare a produrre più idrogeno pulito, l’ingrediente principale necessario per alimentare industrie difficili da decarbonizzare. L’obiettivo è garantire il 25% del fabbisogno energetico del Regno Unito attraverso il nucleare entro il 2030.

Abele Carruezzo