“Le crisi” del porto di Brindisi

Si discute dei traghetti fermi nel porto di Brindisi; quelli che gli armatori hanno scelto di non far ripartire con l’Albania per garantire i pochi collegamenti ancora esistenti. A pochi giorni dal fermo di quell’unico anche con la Grecia.

Si discute ma sono in troppi a farlo e soprattutto non sono coloro che invece avrebbero titolo e titolarità a farlo. La questione è affrontata semplicisticamente e altrettanto facilmente si riconduce la vicenda alla mera disputa economica. In gioco non c’è solo la possibilità di avere uno sgravio delle tariffe portuali, come potrebbe sembrare ad un osservatore distratto.

C’è invece anche la volontà di affermare il proprio “dominio” territoriale. Al professore greco che impone le tariffe si rimprovera prima di essere straniero, poi il presunto immobilismo. Facile raccogliere consensi. Di fronte all’evidenza dei fatti e alla mancanza di servizi per i passeggeri in arrivo a Brindisi dovrebbe essere più immediato chiederne il miglioramento anziché la riduzione dei costi.

Del resto che le norme di sicurezza imponessero certe manovre a Costa Morena era risaputo anche quando gli armatori accolsero il passaggio dal Seno di Levante con entusiasmo. Tuttavia la cronaca elettorale impone oggi delle scelte da parte dei candidati e costringe ignari brindisini a subire il costo di un’opinione distorta.

Se del presidente stupisce la pragmaticità e il senso di “superiorità” rispetto a certi tempi, degli operatori rattrista l’accanimento e dei politici (non stupisce ma) indispettisce l’opportunismo a dispetto degli interessi di tutti.

Salvatore Carruezzo

Foto: Simone Rella