Eni, prima centrale nucleare a fusione nei primi anni ’30

Eni, prima centrale nucleare a fusione

Roma. Eni stima di realizzare la prima centrale nucleare a fusione industriale nei primi anni Trenta.
Lo ha detto – qualche ora fa – la responsabile del gruppo per la fusione, Francesca Ferrazza, in audizione alla Commissione Ambiente del Senato.

Ferrazza ha ricordato che “il progetto si basa su milestone” e “il passo successivo e’ la realizzazione della macchina industriale, connessa alla rete, e questo lo prevediamo nei primi anni 2030, che e’ una accelerazione notevolissima rispetto a quanto noto nelle road map internazionali e in particolare europea”.

Il target e’ la prima centrale, poi un ‘periodo di apprendimento’ e una ‘curva’ secondo la quale diverse centrali potranno essere realizzate in Italia a partire dalla seconda meta’ degli anni 30″
“Ci aspettiamo – ha detto ancora Ferrazza – di poter inserire la fusione nel Pniec e su questo stiamo lavorando anche all’interno della Piattaforma nucleare sostenibile del Ministro Pichetto. L’industria e’ pronta a fare la sua parte e anche lo scale up ma ci vogliono tutte le forze e i contributi disponibili”.

In questo orizzonte temporale indicato da Ferrazza, Eni partecipa negli Stati Uniti al progetto Commonwealth Fusion System (Cfs), spinoff del Mit di Boston, con la tecnica del confinamento magnetico.
Il gruppo italiano prevede di contribuire a realizzare a metà degli anni Venti il primo impianto pilota Cfs-Sparc. Per i primi anni Trenta è previsto il primo impianto industriale collegato alla rete, il Cfs-Arc, e nella seconda metà del decennio nuove centrali.

In Italia, il gruppo energetico ha una joint venture al 25% nel progetto DTT (Divertor Tokamak Test), insieme con Enea (che possiede il 70%) e con Enti di ricerca e Università (che hanno il restante 5%) . DTT studia la gestione della enorme quantità di calore del plasma di idrogeno dentro il reattore (100 milioni di gradi centigradi).
Eni infine ha progetti di collaborazione con il CNR e diverse Università (Polititecnico di Milano, Bicocca, Tuscia e altre) su componenti specifici.

Ferrazza ha spiegato che nel mondo ci sono 140 macchine sperimentali per la fusione, per 3/4 pubbliche e per 1/4 private. Esiste una Fusion Industry Association, con 80 membri, 43 dei quali industrie private. Gli investimenti mobilitati nel settore sono al momento oltre 6 miliardi di dollari.

“La supply chain italiana sulla fusione è tra i leader a livello globale – ha spiegato Ferrazza – e i nostri centri di ricerca e università sono tra i più avanzati. Ma per la fusione serve una normativa specifica, come si sono dati Stati Uniti e Regno Unito e come si stanno dando Germania e Giappone”.

Abele Carruezzo