I porti devono essere resilienti

Migliorare la capacità operativa di un porto richiede strategie di adattamento per affrontare quei periodi di crisi e/o d’interruzione portuale. A iniziare dagli operatori portuali che si dovranno inventare il traffico per il loro porto (questa è la loro professione) e sostenere, unitamente alle istituzioni, una progettualità infrastrutturale che risponda alla domanda di trasporto marittimo.


In questi ultimi due decenni, molti Paesi, in particolare quelli dell’Occidente, stanno sopportando un’evoluzione dei parametri fondanti dell’economia: previsioni positive di mercati fluttuanti, altalenanti con periodi di crisi, come quello attuale, stanno innescando meccanismi non adeguati dovuti a fenomeni di difficile controllo e a volte non prevedibili, come il Covid-19 o il blocco del Canale di Suez per arenamento della nave Even Given.

Crisi intrinseca anche all’evoluzione del concetto di ‘globalizzazione’ trasformato in ‘regionalizzazione’ e alimentato da una tecnologia spinta e dalla continua digitalizzazione di una rete informatica sempre più complessa.
Sappiamo che i porti sono responsabili del collegamento dell’economia mondiale, gestendo circa il 90% di tutto il commercio globale. Inoltre, l’industria dei trasporti marittimi genera circa 940 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, pari a circa il 2,5% delle emissioni di gas serra (GHG).


Si parla spesso di ‘resilienza’! Nell’operatività funzionale dei porti e nella loro gestione dei porti, il concetto di resilienza diventa più essenziale man mano che un nodo di trasporto, una catena di approvvigionamento e un’economia regionale diventano sempre più significativi.


Nei manuali di economia marittima, la resilienza portuale è descritta come la capacità dei porti di anticipare e rispondere ai cambiamenti di situazioni operative, nonché di sopravvivere e/o riprendersi rapidamente da interruzioni, con l’obiettivo di preservare la sostenibilità delle operazioni e del flusso di merci verso, da e attraverso i porti. Si parla di anticipare i cambiamenti e mai cullarsi sul passato, come dichiarano alcuni operatori portuali quando affermano la capacità inespressa del loro porto!

Dichiarazioni conniventi nel cambiare per non cambiare lo status di quel porto per i loro interessi. Favorevole solo ai propri interessi e non quelli del territorio.
Ritornando al concetto di resilienza, bisogna affermare che oggi è fondamentale che i porti siano resilienti. Infatti, per come sono realizzate le catene di approvvigionamento e la logistica in sé, una rottura operativa di un qualsiasi nodo della rete può avere un impatto immediato sui dati demografici, sulla loro sicurezza e benessere, nonché sull’economia regionale e sulle sue imprese.
E allora, poiché i porti sono suscettibili a una serie d’interruzioni, è fondamentale avere strutture e operazioni in grado di riprendersi rapidamente da una battuta d’arresto.


Questo è ciò che in economia marittima/portuale suggerisce circa una realtà portuale e come debba essere in grado di apprendere e adattarsi alle battute d’arresto del passato.
Ora, senza entrare nella discussione delle varie interruzioni operative di un porto e sulle loro cause, diciamo che alcune di queste sono prevedibili, molte altre sono accidentali e altre fanno parte della classe degli imprevisti. Tralasciando i problemi inerenti una cattiva manutenzione delle attrezzature portuali e interruzioni causate da fenomeni meteorologici avversi, le più negative sono quelle dovute all’azione indotta dall’uomo.


L’interesse – virtuale o reale – volto a comprendere gli effetti dell’attività umana sull’ambiente ha portato alla consapevolezza del valore delle risorse naturali per l’uomo sotto forma di materiali ed energia per rispondere a bisogni essenziali e alla necessità di migliorare la conoscenza del “metabolismo antropogenico” che caratterizza la società moderna.


Le interruzioni antropogeniche che un porto può soffrire sono legate alle attività umane, in particolare ai fallimenti gestionali e operativi e ai disordini del lavoro (organizzazione non adeguata del lavoro portuale e giornate di sciopero per i contratti di lavoro). Mentre gli incidenti alle strutture terminalistiche possono essere ostruttivi e la stragrande maggioranza di questi ha un effetto trascurabile sulla capacità totale operativa del porto stesso.


Gli errori di manovra delle navi – è noto – hanno causato danni ai moli e persino il ribaltamento delle gru, causando una perdita di capacità del terminal e la necessità di costose riparazioni. Sebbene gli incidenti infrastrutturali e dei macchinari possano produrre interruzioni periodiche, quelle aperiodiche possono essere ridotte al minimo solo gestendo una manutenzione predittiva e declinando una sicurezza operativa.
Ricordiamo, a tal proposito, una tra le più grandi esplosioni non nucleari della storia che ha distrutto il porto di Beirut e più della metà della città il 4 agosto 2020, a causa di decenni di cattiva gestione e corruzione del governo nel porto. La catastrofe è stata causata dall’esplosione di tonnellate di nitrato di ammonio, una sostanza chimica altamente infiammabile che viene spesso utilizzata in agricoltura come fertilizzante ad alto contenuto di nitrati, ma può essere utilizzata anche per produrre esplosivi.


Nel mondo dello shipping internazionale, la maggior parte degli operatori portuali per aumentare la loro redditività e quella del loro porto, ha progressivamente incorporato la tecnologia informatica nelle proprie operazioni. Questa digitalizzazione spinta ha creato una significativa debolezza alla crescente minaccia informatica. In ogni caso, per sostenere operazioni efficienti e redditizie, in considerazione della vulnerabilità alle perturbazioni informatiche, il settore portuale deve fare i conti con il rapido sviluppo della digitalizzazione e con i pericoli a essa connessi.


Per mantenere la competitività, rispettare leggi e standard specifici e ottimizzare le operazioni, i porti stanno diventando sempre più dipendenti dalla tecnologia informatica/informatizzata. La complessità della sicurezza informatica, sia nei domini della tecnologia dell’informazione (IT) che della tecnologia operativa (OT) rendono le operazioni portuali si più agili, ma sempre più fragili. A causa del rapido sviluppo della digitalizzazione, i porti oggi devono affrontare una serie di problemi di sicurezza informatica, alcuni dei quali sono piuttosto generici e applicabili a qualsiasi sistema IT o OT, mentre altri sono piuttosto specifici per le impostazioni portuali. Nonostante i problemi e le ripercussioni negative di un attacco informatico, è essenziale che i porti rafforzino le proprie pratiche di sicurezza.

I porti resilienti … si può!

Abele Carruezzo