Passare dal “porto parlato” al “fare porto”

Dopo un decennio, in Puglia si ritorna a parlare di “sistema portuale”. Quando questo concetto era espresso da vari forum a Brindisi, era pura teoria di logistica portuale, e la Regione Puglia non intendeva assecondare; mentre quando lo stesso concetto è espresso da esponenti del territorio di Bari, gli altri devono obbedire?  E comunque, per parlare di sistema portuale pugliese, dobbiamo abbandonare il vecchio concetto di porto, inteso solo di mole di navi e di merci, anche se poi non si hanno banchine, acque per fondali e manovrare in sicurezza.

Sicuramente per il nostro Paese Italia il trasporto marittimo rappresenta uno dei settori più dinamici dell’intera economia e così dovrebbe essere per la regione Puglia, se si potessero dimenticare i proclami di una Puglia “corsara”, ormai superata e non più adeguata logisticamente, avendo trascurato varie piattaforme e piastre, quali sistemi funzione-regionali. Che la Regione Puglia abbia un peso commerciale nel bacino del Mediterraneo è dimostrato dalle intensità degli scambi con i principali partner interessati come la Turchia, Libia, Tunisia ed Egitto; questo è quanto si riscontra nei comunicati press dei vari assessorati regionali dello “sviluppo economico” e dei “trasporti e infrastrutture”.

L’Unione Camere di Commercio della Puglia si è spesa molto per far incontrare (b2b) partner europei e del bacino mediterraneo per consentire alle imprese di superare l’impatto negativo della crisi che si sta vivendo. La stessa Regione Puglia con la sua presenza in tutti gli eventi/fiere/saloni ha portato ad una fattiva internazionalizzazione la nostra capacità produttiva e soprattutto il nostro territorio. Come pure le visite in Turchia – pro business – fatte in quest’anno dalle singole Autorità Portuali pugliesi, hanno evidenziato una nuova visione di “porto” enunciata per la prima volta due anni addietro dal Prof Haralambides: “non solo come una semplice infrastruttura con quantità da rilevare statisticamente, ma un luogo-motore d’interessi geopolitici, con capacità e produttività tali da influire sulle scelte di investimento delle imprese, sulla competitività, sui flussi turistici e sulle strategie di sviluppo del territorio”.

Una vision che va oltre il “provincialismo” portuale che si registra in Puglia in questi ultimi mesi in tutti e tre i territori portuali; il comparto marittimo pugliese deve intendersi come una filiera che parte dalla logistica portuale e arriva fino allo shipping, capace di generare sviluppo e occupazione, con un’economia riequilibrata sui porti e sulle città-porto.

Senza pensare a luoghi comuni come la riduzione del numero delle AP, o progetti di infrastrutture che poi non si realizzano, la Regione Puglia può guardare oltre e superare questa crisi con il solo suo “fare” insieme marketing, innovazione, internazionalizzazione, investendo nel  settore consolidato dei trasporti marittimi e coscienti che già il “porto” rappresenta una grande ricchezza che altre regioni non hanno.

 

Abele Carruezzo