Trasporti marittimi: crisi egiziana e incertezza libica aumentano i prezzi del bunker

I disordini popolari di questi ultimi giorni in Egitto stanno portando verso l’alto il prezzo del carburante bunker, voce importante nel bilancio di gestione di una nave; questo sta avvenendo sulla scorta dell’ultimo aumento del prezzo del petrolio. Si è passata da una quasi stabilizzazione dei prezzi, durante questa regressione economica del 2012/2013, con un certo beneficio per le società armatoriali in difficoltà, a una valutazione di circa 593 dollari USA per tonnellata secondo l’ultima stima del Bunker Index.

Il nuovo ritorno a prezzi più elevati porterebbe gli armatori a uno stress societario, già precario a causa della debolezza dei mercati del trasporto merci. Le forniture di greggio che scarseggiano non riguardano solo quelle egiziane, ma anche quelle libiche e il terminal turco di esportazione Ceyhan Botas, fermo da quasi tre settimane dopo il sabotaggio di un oleodotto iracheno. Finora, i disordini popolari in Egitto non hanno comportato conseguenze per i transiti attraverso il Canale di Suez; e come ha dichiarato il presidente dell’Autorità del Canale di Suez Mohab Mameesh, il tratto navigabile del Canale resta garantito dall’esercito egiziano.

Tuttavia, fonti assicurative iniziano a suggerire di evitare il Canale di Suez e viaggiare invece attorno al Capo di Buona Speranza se la crisi dovesse estendersi al canale; pur aggiungendo 6000 miglia in media ai viaggi est-ovest, questa rimane l’unica opzione per trasportare merci via mare, in questo periodo. Ricordiamo che il Canale di Suez collega il Mar Rosso al Mediterraneo e le grandi petroliere, che non possono transitare per il canale a pieno carico, allibano nell’oleodotto Sumed presso il porto di Ain Sukhna del Mar Rosso; condotto poi per 200 miglia al porto mediterraneo egiziano di Sidi Kerir per essere caricato su petroliere. E’ ovvio che qualsiasi interruzione di tali transiti per il Canale porterebbe gravi conseguenze per tutti.

Abele Carruezzo